Menu
in

Roma: la mobilitazione per l’aborto sicuro in occasione dell’International Safe Abortion Day

Roma: la mobilitazione per l'aborto sicuro in occasione dell'International Safe Abortion Day - Bagolinoweb.it

Il 28 settembre, in occasione dell’International Safe Abortion Day, il movimento femminista e transfemminista “Non una di meno” ha indetto una manifestazione a Roma per chiedere il riconoscimento di diritti fondamentali legati alla salute riproduttiva. Il raduno avrà luogo davanti al Ministero della Salute, in Lungotevere Ripa. Le richieste espresse dai manifestanti mirano a garantire un accesso libero e non discriminatorio a servizi sanitari fondamentali come l’interruzione volontaria di gravidanza.

Le richieste del movimento

Il movimento “Non una di meno” ha presentato una serie di richieste chiave durante la mobilitazione. Prima tra tutte, la rivendicazione di un aborto libero, sicuro e gratuito, che garantirebbe a tutte le donne e le persone in grado di partorire di avere il diritto di scegliere autonomamente. Tra le altre richieste figurano anche l’implementazione di consultori ogni 20.000 residenti per garantire l’assistenza necessaria e percorsi educativi su contraccezione, gravidanza e prevenzione. Un altro punto cruciale della piattaforma riguarda la richiesta di accesso al farmaco Ru 486 fino alla dodicesima settimana di gravidanza, strumento considerato essenziale per un’interruzione della gravidanza nelle fasi iniziali.

Il gruppo sottolinea anche la necessità di un servizio sanitario pubblico che sia gratuitamente accessibile a tutti, senza discriminazioni basate su etnia, status migratorio o identità di genere. Queste richieste sono state formulate per affrontare e superare le barriere attualmente esistenti nella fruizione dei diritti legati alla salute riproduttiva.

Critiche alla legge 194

Il movimento ha espresso forti critiche nei confronti della legge 194, che regola l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Secondo “Non una di meno”, questa normativa presenta diverse lacune e non garantisce pienamente il diritto di scelta per le donne. Un aspetto particolarmente critico riguarda l’alto numero di obiettori di coscienza tra il personale sanitario, che ha portato a situazioni in cui le donne non possono accedere al servizio di interruzione volontaria di gravidanza.

Le statistiche parlano chiaro: in 11 regioni italiane ci sono ospedali in cui il 100% del personale è obiettore. Queste regioni includono Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Questa condizione determina una grave limitazione dei diritti all’accesso all’aborto, soprattutto per persone trans, non binarie e intersex, oltre a creare ostacoli per le persone migranti in possesso di un visto turistico. In questo modo, il diritto all’aborto si trasforma in un privilegio accessibile soltanto a una ristretta parte della popolazione.

Il governo Meloni e la situazione attuale

Le manifestazioni di “Non una di meno” sono dirette anche verso l’attuale governo Meloni, che ha chiaramente dichiarato di non avere intenzione di modificare la legge 194. Tuttavia, il movimento accusa l’amministrazione di aver alimentato situazioni di vulnerabilità, assegnando finanziamenti a movimenti anti-scelta e antiabortisti. Ciò ha ulteriormente complicato l’accesso a servizi di interruzione di gravidanza sicuri, aumentando gli ostacoli già esistenti.

Recentemente, l’ospedale Sant’Anna di Torino ha aperto una “stanza per l’ascolto”, uno spazio dedicato alle donne che desiderano interrompere una gravidanza. Questo nuovo servizio ha suscitato preoccupazione tra le attiviste, che lo vedono come un tentativo di dissuadere le donne dalla scelta di abortire, piuttosto che un reale supporto. “Non una di meno” denuncia che queste iniziative non sono sufficienti e chiede un impegno reale e fattivo per il rispetto dei diritti di tutte le persone. L’obiettivo del movimento rimane chiaro: lottare per un accesso universale e senza ostacoli ai diritti riproduttivi.

Leave a Reply

Exit mobile version