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Ritorno del falco pescatore: un successo per la biodiversità in Toscana

Ritorno del falco pescatore: un successo per la biodiversità in Toscana - Bagolinoweb.it

Il falco pescatore era scomparso dall’Italia per oltre quarant’anni, ma grazie a un progetto di conservazione avviato nel 2011, questo affascinante rapace ha ritrovato il suo habitat naturale. La notizia è particolarmente rilevante per la Toscana, dove oggi si nidificano sei delle otto coppie presenti nel nostro Paese. Questo articolo esplora il recupero del falco pescatore in Italia, le sue abitudini e gli sforzi di monitoraggio attuati per preservarne la popolazione.

Il falco pescatore: storia e ritorno in Italia

La storia del falco pescatore in Italia è segnata da un lungo periodo di assenza. L’ultima nidificazione documentata risale al 1929, quando un esemplare si stabilì sull’isola di Montecristo. Con il passare degli anni, la presenza di questo uccello, noto per la sua abilità nel pescare, divenne sempre più rara, fino a svanire completamente nel nostro territorio. Il progetto di reintroduzione ha preso avvio nel 2011, grazie alla collaborazione tra il Parco Regionale della Maremma e il Parco della Corsica. La prima nidificazione nel Parco della Maremma ha segnato una pietra miliare nel ripristino della specie, con l’arrivo di un maschio proveniente dalla Corsica che ha incontrato una femmina non monitorata.

Oggi, la situazione è più che incoraggiante: delle otto coppie di falco pescatore che nidificano in Italia, sei si trovano in Maremma. Il progetto ha ottenuto risultati positivi, anche in termini di nidi e revisione delle tecniche di monitoraggio. La crescita della popolazione di falchi pescatori è un segno di speranza per la biodiversità, evidenziando l’importanza della conservazione degli habitat e degli sforzi collaborativi tra diverse aree naturali.

Successi del progetto di conservazione e monitoraggio

Il 2024 ha segnato un anno record per il falco pescatore in Italia, con la nascita di 17 esemplari. Le nascite sono avvenute in varie località: 2 nel Parco Regionale della Maremma, 3 alla Diaccia Botrona, 2 nella Riserva WWF di Orbetello, 2 nell’Oasi WWF Orti-Bottagone, 3 nella Riserva Duna Feniglia e 5 in Sardegna. La referente del settore scientifico, Laura Tonelli, ha sottolineato che l’obiettivo del progetto è quello di ricostruire una popolazione vitale, incrementando gradualmente il numero di coppie riproduttive.

Inizialmente, il progetto ha utilizzato sagome a grandezza naturale per attirare i falchi, ma questa metodologia ha avuto risultati limitati. È stato quindi deciso di trasferire alcuni giovani falchi dalla Corsica al Parco della Maremma, dove hanno appreso a volare e a pescare. La scelta di nidificare nel luogo di nascita ha dimostrato l’importanza della conservazione degli habitat originari e dei legami familiari nella vita di questi rapaci.

Per garantire una sorveglianza efficace della popolazione, gli esemplari nidificanti vengono identificati tramite un anellaggio scientifico e dotati di sistemi GPS. Questi dispositivi permettono di monitorarne in tempo reale gli spostamenti, studiando così le migrazioni e la biologia della popolazione mediterranea con un approfondimento significativo della loro ecologia.

Viaggio di Maia e Furud: storie di migrazione

Tra le storie più avvincenti del progetto di conservazione c’è quello di Maia e Furud, una coppia di giovani falchi pescatori che hanno recentemente intrapreso un lungo viaggio verso l’Africa. Cresciuti in Maremma, hanno compiuto scelte molto diverse durante il loro percorso migratorio. Maia ha optato per restare nel nord Africa, precisamente ad Arzew, in Algeria, mentre Furud ha scelto un approccio più audace, attraversando il deserto per arrivare vicino a Nouakchott, in Mauritania.

La migrazione attraverso deserti e aree inospitali è sempre una fase delicata per questi rapaci, fatta di incertezze e sfide. Le informazioni raccolte dai ricercatori illuminano non solo le abitudini migratorie di Maia e Furud, ma anche le strategie adottate dai falchi per superare le difficoltà e adattarsi ai diversi ambienti. Anche l’anno precedente avevamo assistito a compiere un’impresa simile da parte di un altro falco pescatore, Mina, che aveva viaggiato per oltre 3200 chilometri dal Grossetano al fiume Niger in Mali in un arco di tempo di undici giorni.

Monitoraggio e tecnologia: il futuro della conservazione

La tecnologia gioca un ruolo cruciale nel monitoraggio dell’evoluzione della popolazione di falco pescatore in Italia. Attraverso l’uso di webcam posizionate nei nidi, è possibile osservare in tempo reale le dinamiche di nidificazione e crescita dei giovani esemplari. Questo approccio non solo offre informazioni utili per i ricercatori, ma coinvolge anche il pubblico, che può seguire da vicino le fasi della vita di questi uccelli, aumentando la consapevolezza sull’importanza della conservazione della biodiversità.

L’utilizzo di tecnologie avanzate, come i sistemi di tracciamento GPS, permette ai biologi di raccogliere dati preziosi sulle migrazioni e sugli habitat utilizzati dai falchi. Queste informazioni sono fondamentali per valutare efficacemente lo stato di salute della popolazione e per formulare strategie di conservazione sempre più mirate. Il monitoraggio scientifico, unito al coinvolgimento del pubblico, rappresenta quindi un elemento chiave per il futuro del falco pescatore in Italia e per la salvaguardia delle specie a rischio.

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