La morte di Antonio Di Lollo, il 46enne titolare di un’impresa di tinteggiatura, avvenuta il 31 agosto 2023 a Castel di Sangro, ha suscitato grande attenzione mediatica e emotiva. Il gup del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, ha disposto tre rinvii a giudizio per il proprietario del cantiere e due tecnici del noleggio di un cestello elevatore, accusati di omicidio colposo. Questi eventi sollevano interrogativi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle responsabilità di chi gestisce strutture operative.
Il contesto della tragedia
La tragedia che ha colpito Antonio Di Lollo ha avuto luogo mentre l’imprenditore si trovava impegnato in un lavoro di tinteggiatura su un capannone di un’azienda di confetture lungo la strada statale 17, nel comune di Castel di Sangro. Durante le operazioni di preparazione, Di Lollo è salito sul cestello elevatore per eseguire alcune prove preliminari, ma un tragico errore ha portato alla sua folgorazione, provocata dall’impatto con i cavi dell’Enel. Questa terribile circostanza mette in evidenza le potenziali conseguenze fatali di una cattiva gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nonostante i tempestivi soccorsi, ogni tentativo di rianimarlo si è rivelato vano, portando a una tragedia che ha segnato non solo la vita dei familiari di Di Lollo, ma anche quella degli operai e delle persone coinvolte in quell’incidente. Ciò che emerge è la necessità di esaminare e rivedere i protocolli di sicurezza per prevenire che eventi simili possano ripetersi in futuro.
Gli imputati e le accuse
Il sostituto procuratore Edoardo Mariotti ha formalizzato le accuse nei confronti del proprietario del cantiere, dell’amministratore delegato della società di confetture e dei due tecnici del noleggio del cestello elevatore. Le accuse, che si configurano come omicidio colposo, si basano sull’inadempimento di norme di sicurezza fondamentali. È stato contestato al proprietario di non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale di Di Lollo e di non aver predisposto il documento unico di valutazione dei rischi interferenti, elementi essenziali per garantire un ambiente di lavoro sicuro.
In aggiunta, i tecnici sono accusati di non aver controllato se il lavoratore fosse in possesso dell’abilitazione necessaria per l’uso del macchinario. Questo insieme di negligenze solleva interrogativi inquietanti sulla supervisione e sul monitoraggio dei processi di lavoro e sulla formazione degli operai, aspetti cruciali per evitare incidenti in contesti lavorativi complessi.
Le indagini e le conseguenze legali
Dopo l’incidente, subito dopo il tragico avvenimento, il Dipartimento competente della ASL 1 è intervenuto per accertare il rispetto delle misure di sicurezza sul lavoro, svolgendo i necessari accertamenti. Anche i Carabinieri hanno avviato un’indagine per raccogliere testimonianze da parte di altri operai e persone presenti nel cantiere al momento del sinistro.
Il prossimo 22 maggio, i tre imputati si presenteranno davanti al giudice per la prima udienza del processo. Questo passaggio rappresenta un momento cruciale non solo per gli imputati ma anche per l’intera comunità che segue con apprensione l’evoluzione del caso. L’epilogo di questa vicenda potrebbe rivelarsi significativo per il futuro di molte aziende del settore, richiamando tutti a una riflessione profonda sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle responsabilità di chi ne gestisce la conduzione.