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Prosciolti sei giornalisti Rai accusati di stalking nei confronti della conduttrice Dania Mondini

Prosciolti sei giornalisti Rai accusati di stalking nei confronti della conduttrice Dania Mondini - Bagolinoweb.it

L’epilogo di un caso che ha tenuto banco nel mondo del giornalismo si è consumato recentemente a Roma, dove il gup ha deciso di prosciogliere sei giornalisti della Rai dalle accuse di stalking nei confronti della conduttrice Dania Mondini. L’inchiesta, iniziata nel 2018, ha portato alla luce una serie di rivelazioni inquietanti riguardanti presunti comportamenti vessatori all’interno dell’emittente pubblica. Questo articolo analizza le ultime novità di questa vicenda e l’impatto che ha avuto sull’ambiente lavorativo del Tg1.

Le accuse e il contesto della denuncia

La denuncia presentata da Dania Mondini ha scatenato un’analisi approfondita delle dinamiche interne del Tg1. La giornalista ha affermato di essere stata oggetto di «sistematiche aggressioni psicologiche» da parte dei propri superiori, manifestatesi attraverso comportamenti denigratori e vessatori. L’occasione per sollevare il velo su questa situazione di disagio è emersa quando Mondini ha sostenuto di essere stata costretta a subire pressioni per lasciare il proprio ruolo di conduttrice del telegiornale, un incarico ricoperto dal maggio 2018 fino a novembre 2021. La situazione è culminata in un contesto lavorativo fortemente teso, dove la collega ha ripetutamente sottolineato di essere stata isolata e minacciata.

Durante il periodo di crescente tensione, un’importante svolta è avvenuta con la nomina di Andrea Montanari a direttore del Tg1. Mondini ha testimoniato che, a seguito di questo cambiamento, i suoi incarichi sono stati significativamente ridotti e i rapporti con i colleghi hanno subito un’improvvisa alterazione. La denuncia fa riferimento a presunti tentativi da parte di Montanari di favorire una persona a lui vicina, dando inizio a un gioco al massacro interno, culminato nella sua pressante richiesta di condividere una stanza con un collega noto per avere «numerosi problemi, non solo igienici». Questo ha segnato un punto di rottura nel confronto e nella collaborazione tra i vari membri della redazione.

La testimonianza di Sabrina Turco e l’ambiente lavorativo

A supportare le dichiarazioni di Dania Mondini è intervenuta Sabrina Turco, vice direttrice del Tg1, che ha parlato di una «campagna diffamatoria» orchestrata nei confronti della collega. Turco ha rivelato che anche la sua carriera era stata messa in discussione, a causa dei tentativi di sostituire Mondini con una persona di fiducia del nuovo direttore. Questa testimonianza ha evidenziato un ambiente di lavoro tossico, in cui la competizione sfociava in azioni vendicative, minando non solo la professionalità, ma anche la salute psicologica delle giornaliste coinvolte.

Un episodio emblematico raccontato in sede di testimonianza ha riguardato un lapsus verbale di Mondini, per il quale la giornalista sarebbe stata ripresa con minacce di un possibile allontanamento dalla conduzione del telegiornale. Questi comportamenti, a detta degli inquirenti, hanno riflettuto una dinamica di potere altamente preoccupante e un livello di intimidazione che non dovrebbe mai avere spazio in nessun ambiente lavorativo, specialmente in un settore sensibilissimo come quello dell’informazione.

La chiusura del caso e le implicazioni legali

Dopo un lungo iter giudiziario, nel 2019 i pubblici ministeri avevano inizialmente richiesto l’archiviazione del caso. Tuttavia, la Procura Generale ha deciso di riaprire le indagini, che si sono concluse nel maggio 2023 con un passaggio chiave: la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei sei giornalisti accusati. Secondo la Procura, a carico di Mondini sarebbe stata avviata una vera e propria «progressiva opera di demansionamento» caratterizzata da trasferimenti e comportamenti umilianti.

L’udienza preliminare del 26 settembre ha portato a un esito inatteso, con il giudice che ha disposto il non luogo a procedere, stabilendo che «il fatto non sussiste». Questo esito ha sollevato interrogativi sull’applicazione delle normative riguardanti il mobbing e le aggressioni psicologiche in ambito lavorativo, una questione di grande rilevanza nel panorama del giornalismo odierno. La decisione ha evidenziato non solo la complessità di situazioni di questo tipo, ma anche la necessità di un profondo riesame delle dinamiche interne nelle redazioni giornalistiche, al fine di garantire un ambiente di lavoro più sano e rispettoso.

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