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Processo Bergamini: La difesa di Isabella Internò sottolinea l’ingiustizia della causa

Processo Bergamini: La difesa di Isabella Internò sottolinea l'ingiustizia della causa - Bagolinoweb.it

Nel corso dell’udienza odierna al tribunale di Cosenza, la difesa di Isabella Internò ha sollevato interrogativi significativi riguardo ai procedimenti sul caso della morte dell’ex calciatore Denis Bergamini, avvenuta il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico. L’avvocato Rossana Cribari, dopo un’arringa che ha durato oltre quattro ore, ha messo in luce come sia stata trascurata la presunzione di innocenza della sua assistita, sottolineando le implicazioni negative dell’eco mediatica attorno al processo.

La presunzione di innocenza e il rumore mediatico

Rossana Cribari, legale di Isabella Internò, ha aperto il suo intervento con un toccante richiamo alla giustizia, definendo il clamore mediatico come nocivo. «Il popolo ha già condannato Isabella Internò», ha affermato, ponendo l’accento sulle difficoltà intrinseche a un processo in cui la verità sembra essere offuscata dalle emozioni e dalle opinioni pubbliche. Ha enfatizzato la necessità di separare le sentenze legali dalle percezioni popolari, sostenendo che un giudice non dovrebbe mai giudicare in base al sentire comune.

Cribari ha paragonato il processo Bergamini a quello di Enzo Tortora, avvertendo su quanto potrebbe risultare ingiusto e devastante. Ha citato la famosissima frase del conduttore: «Spero che voi siate innocenti», evidenziando il grave rischio di condanne basate su teorie infondate. La difesa ha insistito sulla «non esistenza» di prove concrete, sostenendo che molte delle affermazioni contenute in aula siano frutto di suggestioni e interpretazioni distorte, anziché fatti oggettivi.

La ricostruzione degli eventi e le ingiustizie passate

Cribari ha ripercorso alcune tappe fondamentali della storia giuridica legata a questo caso, cominciando dalla sentenza del 1991 di Trebisacce. La legale ha citato il giudizio del pretore, il quale aveva accennato alla gelosia di Bergamini e alla strana posizione occupata dalla mandante del presunto delitto. La difesa ha anche messo in discussione l’esito di un processo archiviato nel 2012, enfatizzando che le risultanze emerse di quel procedimento non sono mai state diffuse nei media con la dovuta attenzione.

Il suo discorso ha incluso una lunga riflessione sul contesto in cui si svolgeva la vita di Bergamini, chiarendo come i suoi successi non possano essere considerati una protezione from comportamenti autodistruttivi. Cribari ha denunciato il fatto che tali dettagli rilevanti siano rimasti in ombra nelle trasmissioni televisive. La difesa ha enfatizzato come sia stata creata un’immagine distorta di Isabella Internò, riducendola a un simbolo di un sud arretrato e primitivo, un’immagine con la quale non è d’accordo.

La perizia scientifica e i miti sul delitto d’onore

La legale ha continuato l’arringa presentando la perizia del professor Avato come l’unica credibile da prendere in considerazione. Ha sottolineato come sia l’unico a eseguire l’autopsia poco dopo la morte, e ha insistito che le successive analisi non possono essere ritenute affidabili. Cribari ha rimarcato che l’emorragia iperacuta è stata dichiarata la causa della morte di Bergamini, e che le teorie a favore dell’ipotesi di strangolamento sono da considerare infondate.

In merito all’ipotesi delitto d’onore, Cribari ha espresso indignazione per le rappresentazioni stereotipate attribuite alla Calabria e ai suoi abitanti. «Trattare Isabella come una famiglia mafiosa è inaccettabile», ha detto, ripetendo che tale narrativa non riflette la realtà. Quest’analisi ha portato la difesa a scontrarsi con testimonianze chiave, citando la figura di Tiziana Rota e criticando il suo racconto sulla presunta relazione tra Isabella e l’ex calciatore.

La credibilità dei testimoni e l’assegnazione della responsabilità

Cribari ha posto interrogativi sulla credibilità di alcuni testimoni che sono saliti alla ribalta nel corso del processo. Particolare attenzione è stata data a Francesco Forte, un camionista presente al momento della tragedia, il cui passaggio è stato messo in discussione. «Le sue dichiarazioni appaiono contraddittorie e poco credibili», ha affermato Cribari, mettendo in risalto le discrepanze.

Inoltre, la difesa ha indicato l’esigenza di capire la logica dietro le azioni di Bergamini, descrivendo il calciatore come una persona che appariva tormentata e in cerca di sostegno. La narrazione di Mirabelli ha posto enfatizzato un Bergamini diurno e spensierato che improvvisamente si è trasformato in un individuo pensieroso, sottolineando il bisogno di chiarimenti su cosa realmente fosse avvenuto prima della sua morte.

Verso una nuova luce sulla verità

La difesa ha concluso l’arringa insinuando che violazioni fondamentali del processo potrebbero portare a un tragico risultato per Isabella Internò. L’accusa, secondo Cribari, non ha presentato prove solide e gli indizi su cui si basano le accuse sono vaghi e inaffidabili. Negli ultimi anni, la corte ha ascoltato diverse testimonianze, ma la mancanza di fatti incontrovertibili rischia di compromettere l’equità del processo.

Mentre i giurati riflettono sull’arringa, la tensione nell’aula è palpabile. Il futuro di Isabella Internò dipende dalle decisioni di una corte alle prese con una storia contorta, influenzata da narrazioni emotive e ombre del passato. L’appello di Cribari, che ha richiamato il famoso caso di Tortora, si conclude con la richiesta di giustizia per la sua assistita.

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