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Nuove rivelazioni sulla ‘ndrangheta: il racconto di un pentito fa luce su omicidi e potere criminale

Nuove rivelazioni sulla ‘ndrangheta: il racconto di un pentito fa luce su omicidi e potere criminale - Bagolinoweb.it

Il racconto del pentito Vincenzo Pasquino offre uno sguardo profondo su una delle organizzazioni criminali più temute d’Italia: la ‘ndrangheta. Originario di Torino, Pasquino ha deciso di collaborare con la giustizia, svelando dettagli inquietanti sull’agguato che costò la vita a Giuseppe Gioffrè e sul potere dei fratelli Crea. Le sue testimonianze non solo pongono interrogativi sul passato, ma sottolineano anche la resilienza di un sistema criminale che continua a operare su scala internazionale.

L’omicidio di Giuseppe Gioffrè: un delitto che segnò la Calabria

La notte tra il 28 e il 29 dicembre 2008 rappresenta un capitolo buio nella storia della criminalità calabrese. Giuseppe Gioffrè, all’epoca 51enne e considerato il boss di Settimo Torinese, venne colpito da diversi proiettili mentre si trovava a Bovalino. Accanto a lui, suo figlio diciassettenne, che assistette impotente alla scena. Gioffrè non sopravvisse ai gravissimi traumi riportati e spirò alcune ore dopo nel pronto soccorso dell’ospedale di Locri. Questo omicidio, che non solo colpì una figura di spicco della malavita, ma portò alla luce dinamiche pericolose di un’organizzazione che si era radicata profondamente nel tessuto sociale piemontese.

Pasquino rivela che l’omicidio Gioffrè ebbe probabilmente il permesso dei Crea, rendendo il delitto parte di un modo di operare tipico della ‘ndrangheta, in cui il rispetto delle gerarchie è fondamentale. Le sue parole mettono in evidenza come all’interno di questo contesto, anche l’omicidio viene trattato con una sorta di approvazione gerarchica, generando una spirale di violenza e controllo.

I fratelli Crea: potere e influenza nella ‘ndrangheta piemontese

Adolfo e Aldo Cosimo Crea sono due nomi noti nel panorama della criminalità organizzata. Pagina dopo pagina, Pasquino svela il loro ruolo cruciale nel crimine torinese, sottolineando che, nonostante non siano stati mai indagati per l’omicidio di Gioffrè, la loro influenza si estende ben oltre il semplice crimine di strada. Entrambi i fratelli hanno scontato anni di detenzione al regime carcerario del 41bis, un’indicazione della loro importanza nel mondo della malavita.

Secondo Pasquino, l’approccio dei Crea quando si trasferirono a Torino fu opportunistico e strategico: “I Crea si sono presi il Crimine”. La loro ascesa al potere nella ‘ndrangheta si consolidò attraverso alleanze e manovre pericolose, cercando di sfuggire a conflitti nella loro terra natale. Il pentito racconta di come l’organizzazione si strutturasse non solo attraverso atti di violenza, ma anche con riti e approcci tradizionali, affermando che i Crea si avvalevano di pratiche arcaiche per mantenere il controllo.

La mafia di oggi: una criminalità complessa e articolata

Le rivelazioni di Pasquino offrono uno spaccato inquietante sulla ‘ndrangheta contemporanea, un’entità che si distingue per il suo radicamento non solo in Calabria ma in tutto il resto d’Italia e oltre i confini nazionali. Ad oggi, l’organizzazione è sospettata di essere attivamente coinvolta in traffici di droga, riciclaggio di denaro e traffico di armi. Durante l’interrogatorio, Pasquino ha descritto una rete vastissima di alleanze, che implicano anche operazioni a livello internazionale, con collaborazioni che vanno oltre i confini nazionali, collegando diverse nazioni da Germania a Belgio e Portogallo.

La testimonianza del collaboratore di giustizia chiarisce ulteriormente la complessità operativa delle varie articolazioni della ‘ndrangheta, denunciando la continua evoluzione e adattamento dell’organizzazione alle nuove dinamiche criminali. Le indagini delle diverse DDA, che vedono coinvolte Reggio Calabria, Milano e Genova, sono solo un esempio delle molteplici direzioni in cui si muove la giustizia per cercare di contrastare questo fenomeno.

Con l’aumento della collaborazione tra le forze dell’ordine e i magistrati, c’è una speranza concreta di smantellare questo sistema criminale, ma il cammino rimane impervio e pieno di insidie. La cultura del silenzio e dell’omertà che da sempre contraddistingue la mafia rimane un serio ostacolo da superare nella lotta contro la criminalità organizzata.

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