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Mafia e imprenditoria: il processo a Caserta svela le ombre del clan dei Casalesi

Mafia e imprenditoria: il processo a Caserta svela le ombre del clan dei Casalesi - Bagolinoweb.it

Un nuovo capitolo nella lotta contro la criminalità organizzata si è aperto a Caserta, dove le rivelazioni di Francesco Zagaria, collaboratore di giustizia, mettono a nudo un intricato sistema di collusioni tra imprenditori e il clan dei Casalesi, in particolare sotto la direzione del boss Michele Zagaria. La testimonianza, fornita durante un processo che si svolge presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, getta luce su un meccanismo di riciclaggio e tangenti, creando preoccupazione e indignazione nella comunità locale.

Il ruolo degli imprenditori nella rete del clan

Nel corso del processo, Francesco Zagaria, noto come Ciccio ‘e Brezza, ha descritto con dovizia di particolari come gli imprenditori di Caserta fungevano da intermediari nello smistamento di assegni legati alle tangenti, garantendo così flussi di denaro al clan. “Era un sistema molto semplice”, ha spiegato il collaboratore. “Affidavamo assegni a diverse figure imprenditoriali, le quali poi li depositavano sui loro conti o su quelli di prestanome, permettendo a noi di ottenere denaro contante da riportare nelle casse del clan.”

In questo scenario, nomi di persone e aziende locali emergono con chiarezza. Tra gli imprenditori collusi sono stati menzionati Nicola Palladino, i fratelli Abbate, Michele Rauso e Giuseppe Diana della Tifata Gas, solo per citarne alcuni. Questo schema, sebbene apparentemente innocuo, alimentava le operazioni del potente clan, permettendo un’agevolazione delle attività illecite attraverso il sistema economico legittimo della provincia.

Il legame tra il clan e il parcheggio di via San Carlo

Un punto cruciale della testimonianza riguarda un investimento significativo in un parcheggio situato in via San Carlo a Caserta. Zagaria ha riferito che Antonio Zagaria gli aveva accennato alla rilevanza di questo luogo, specificando che Michele Zagaria e i suoi affiliati avevano investito notevolmente in esso. Questo elemento evidenzia non solo le ambizioni finanziarie del clan, ma anche la loro capacità di infiltrarsi nei progetti pubblici e privati per garantire profitti illeciti.

L’imprenditore Patrizio Michele Sagliocchi è stato menzionato come figura di interesse, ma il collaboratore ha puntualizzato di non conoscerlo personalmente. La testimonianza ha rivelato un incontro avvenuto in un bar sull’Appia, dove gli sono stati consegnati circa 13.000 euro in assegni di piccolo taglio. Questi dettagli forniscono un quadro più dettagliato della metodologia utilizzata per gestire e movimentare capitali illeciti.

Il processo e le accuse in corso

Il processo ha ormai preso piede e ha visto l’accusa formulare nei confronti di diversi imputati accuse pesanti, tra cui associazione a delinquere con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, corruzione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Tra gli accusati spiccano nomi noti, tra cui Michele Patrizio Sagliocchi, il boss Michele Zagaria, e Francesco Biondi, attuale dirigente del Comune di Caserta.

Il collegio difensivo comprende una schiera di avvocati che si preparano a difendere i loro assistiti su accuse gravissime che, se provate, potrebbero avere ripercussioni devastanti su tutta la comunità di Caserta. Da parte loro, le istituzioni stanno cercando di rafforzare i canali di vigilanza e la trasparenza, con il Comune di Caserta che si è costituito parte civile nel procedimento, rappresentato dall’avvocato Lidia Gallo.

Il processo si riaprirà a ottobre per il controesame di Francesco Zagaria, il quale potrebbe fornire ulteriori dettagli e chiarimenti sulla rete di connivenza tra mafia e imprese nella provincia, elementi che potrebbero rivelarsi cruciali per la lotta alla criminalità organizzata in Campania.

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