La questione riguardante la richiesta di restituzione del Contributo di Autonoma Sistemazione da parte del Comune dell’Aquila continua a generare tensioni, especialmente tra le autorità comunali e i tifosi della giustizia sociale. Migliaia di sfollati, che hanno ricevuto questo sostegno dopo il devastante terremoto del 2009, potrebbero essere stati oggetto di richieste di rimborso ritenute inadeguate. Recenti sentenze, infatti, hanno stabilito che i termini per tali richieste sono scaduti, ponendo un freno alle azioni legali che l’ente locale aspettava di avviare.
La questione del contributo di autonoma sistemazione
Il Contributo di Autonoma Sistemazione è stato una delle principali misure di supporto destinate agli sfollati dopo il sisma del 2009. Questa forma di assistenza si è protratta fino a marzo 2015, quando è stata trasformata in un Contributo per il Disagio Abitativo, finalizzato alla ricostruzione delle abitazioni distrutte o danneggiate. Tuttavia, negli anni successivi, il Comune ha avviato verifiche su chi avesse ricevuto il contributo senza necessità, identificando alcuni di questi come “furbetti del terremoto”.
Ecco che il Comune, dopo un’attenta analisi, ha deciso di chiedere la restituzione dei fondi a molti riceventi, considerando illegittimi alcuni pagamenti effettuati. Tuttavia, la reazione non si è fatta attendere e diversi sfollati hanno presentato e ottenuto uno strumento legale per difendersi. I giudici, in effetti, hanno accolto posizioni che affermano come la richiesta di restituzione non possa essere portata avanti perché l’ente ha superato il termine di prescrizione di dieci anni.
Sentenze recenti e la reazione degli avvocati
Diverse sentenze emesse dal giudice di pace hanno dato dunque ragione ai ricorrenti. Secondo l’avvocato Francesco Iannella, pioniere di questa linea difensiva, molte delle cause presentate sono state risolte a favore dei richiedenti, stabilendo con chiarezza che il Comune non ha più diritto di richiedere la restituzione dei contributi erogati in passato. Inoltre, in molti casi, è emerso che non c’era alcuna evidenza documentale dell’effettivo versamento dei contributi, complicando ulteriormente la posizione del Comune.
Il tema della prescrizione gioca un ruolo cruciale nella battaglia legale. Secondo la giurisprudenza recente, se il Comune non ha potuto dimostrare che le somme siano state effettivamente dovute e non restituite entro il termine previsto, non potrà procedere alla richiesta di restituzione. A conferma di questo, numerose sentenze hanno stabilito che l’amministrazione locale è stata condannata a pagare le spese legali per le cause perse.
Accertamenti e prospettive future
Nonostante le recenti vittorie legali dei beneficiari del CAS, situazioni di incertezza continuano a perdurare. Infatti, ci sono avvisi di accertamento che il Comune ha già inviato e che potrebbero comportare esiti diversi, separati dalle ordinanze relative alla restituzione dei fondi. In questo caso, gli accertamenti rappresentano una forma di interruzione della prescrizione: se le richieste formali di pagamento sono arrivate in altro periodo, sulla base delle acquisizioni fatte dallo stesso Comune, si potrebbero configurare situazioni più complesse per le quali le tempistiche e gli esiti rimangono incerti.
La Corte dei Conti, affiancata da indagini della magistratura, ha spinto per un’attenta verifica delle somme erogate e delle eventuali irregolarità. Tuttavia, questa pressione non implica necessariamente una condanna per i beneficiari del contributo, al contrario, le recenti sentenze hanno posto un freno alle potenziali ingiustizie verso coloro che avevano visto in questo sostegno la possibilità di fronteggiare le difficoltà economiche che derivano dalla perdita della propria abitazione.
Il futuro delle azioni del Comune sembra destinato a deludere le aspettative di recupero, costringendo l’amministrazione a ripensare le proprie strategie per affrontare la situazione legata ai contributi concessi dopo il terremoto.