Il 16 ottobre 2023 ha segnato un passo significativo per la giustizia italiana con l’udienza preliminare riguardante la sparatoria avvenuta nel 1975 alla Cascina Spiotta, ad Alessandria. Questo tragico evento ha visto coinvolti brigatisti rossi e forze dell’ordine, culminando nella morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. La riapertura del caso, che ha visto un rinnovato interesse da parte delle autorità, ha riacceso l’attenzione pubblica su un periodo oscuro della storia italiana. La vicenda è tornata sotto i riflettori grazie alla denuncia del figlio della vittima, Bruno D’Alfonso, che ha chiesto di rintracciare uno degli autori del delitto.
Contestualizzazione del caso e sviluppi recenti
Quarantotto anni dopo la sparatoria alla Cascina Spiotta, il caso ha riacquisito importanza dopo che Bruno D’Alfonso, figlio dell’appuntato assassinato, ha formalmente denunciato la situazione. Nel dicembre 2021, il suo atto ha portato alla DDA di Torino a riaprire le indagini, puntando l’attenzione su Lauro Azzolini, un brigatista precedentemente sfuggito alla cattura. Questa nuova direzione ha spinto i pubblici ministeri ad avviare un procedimento penale che oggi coinvolge anche figure storiche del terrorismo italiano come Renato Curcio e Mario Moretti, oltre a Pierluigi Severino Zuffada, un ex militante.
La memoria di eventi così drammatici è sempre accompagnata da un dolore profondo, specialmente per i familiari delle vittime. La costituzione di parte civile da parte della famiglia D’Alfonso, assistita dagli avvocati Sergio Favretto e Guido Salvini, rappresenta un passo fondamentale per ottenere giustizia e dignità per il sacrificio del loro congiunto. Tuttavia, la richiesta di partecipazione presentata dall’Associazione familiari delle vittime del terrorismo è stata respinta, evidenziando le complessità legali che circondano il procedimento.
La denuncia e l’indagine “mosaico”
L’inchiesta che ha portato alla riapertura del caso è stata qualificata dall’avvocato Favretto come la più completa degli ultimi trent’anni. Attraverso un meticoloso lavoro di analisi di documentazione storica, testimonianze raccolte nel corso degli anni e intercettazioni telefoniche, la DDA di Torino ha potuto raccogliere sufficienti elementi probatori per giustificare la richiesta di rinvio a giudizio per i presunti responsabili della morte di Giovanni D’Alfonso.
La figura di Bruno D’Alfonso emerge come centrale in questa narrazione: il suo impegno civile non solo per onorare la memoria del padre, ma anche per cercare giustizia, ha catalizzato una rinnovata attenzione su una storia che si credeva sepolta. “Sono felice che gli sforzi profusi negli ultimi anni abbiano consentito di rivisitare e dare dignità alla memoria di mio padre,” ha dichiarato il figlio.
Un processo storico e controverso
La riapertura del caso ha sollevato interrogativi e polemiche legate alla tempistica e alla natura stessa del processo. Come sottolineato dall’avvocato difensore Davide Steccanella, il fatto di riprocessare ex brigatisti dopo decenni, e quando alcuni di loro hanno già scontato significative pene detentive, introduce un elemento di controversia. La questione di legalità e giustizia si complica ulteriormente nel momento in cui le sentenze originali sono andate smarrite a causa di eventi catastrofici, come l’alluvione che colpì Alessandria nel 1994.
Il legale ha fortemente contestato il fatto che un imputato possa essere nuovamente processato per un crimine commesso cinquant’anni fa, creando un clima di incredulità sulle procedure legali italiane. Il richiamo alla necessità di un giudice imparziale e della salvaguardia dei diritti degli accusati è un punto cruciale in un evento che ha lasciato cicatrici durature nella memoria collettiva italiana.
Ripercorrere queste vicende storiche è fondamentale non solo per rendere onore a chi ha perso la vita, ma anche per riflettere sulle complessità legate alla giustizia in contesti così drammatici. Il percorso legale attuale sarà cruciale per determinare le responsabilità e per riscrivere una parte della storia italiana spesso dimenticata.