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La lettera di Alessandra Verni: un grido di giustizia dopo il delitto di Pamela Mastropietro

La lettera di Alessandra Verni: un grido di giustizia dopo il delitto di Pamela Mastropietro - Bagolinoweb.it

Alessandra Verni, madre di Pamela Mastropietro, continua a chiedere giustizia per la tragica morte della figlia, avvenuta quasi sei anni fa. La sua testimonianza è raccolta nel libro “Le vite delle donne contano – Lola, Pamela e Desirée: quando l’immigrazione uccide“, scritto dalla ricercatrice Francesca Totolo. Questo volume indaga la crescente violenza nei confronti delle donne in Europa, con un focus particolare sui crimini perpetrati da immigrati e richiedenti asilo, portando alla luce storie spesso ignorate dai media mainstream.

Le storie di vita e morte nel libro di Francesca Totolo

Nel libro di Totolo, l’autrice compila quasi in forma di reportage crimini gravi e spesso ignorati, che spaziano da omicidi a stupri, attribuiti principalmente a immigrati. Tra i nomi di donne vittime di violenza spiccano quelli di Pamela Mastropietro, Desirée Mariottini e Lola, donne il cui destino mette a nudo la brutalità di attacchi spesso minimizzati. Una narrazione che sfida il silenzio imposto dall’agenda mediatica e dal politicamente corretto, evidenziando l’importanza di dare voce a vite spezzate e dimenticate.

Pamela, in particolare, è al centro di questo dramma. La sua storia è descritta nei minimi dettagli nel libro, dove si narra che nel 2018, dopo essersi allontanata da una comunità per giovani, fu vittima di un omicidio orribile a Macerata. Innocent Oseghale è stato l’unico imputato condannato all’ergastolo per questo efferato crimine. La narrazione di Pamela non si limita ai dettagli del crimine, ma si allarga per ritrarre una vita, quella di una giovane donna, che ha trovato una fine atroce.

La denuncia di una madre: Alessandra Verni

Alessandra Verni ha voluto utilizzare il libro come piattaforma per esprimere il suo dolore e la sua irrefrenabile richiesta di giustizia. In una lettera toccante, she delineates la violenza subita dalla figlia, non solo fisicamente, ma anche dall’indifferenza sociale e istituzionale verso il suo caso. Il ritrovamento dei resti di Pamela, lavati con la candeggina e rinchiusi in trolley, è una visione che segna per sempre la vita di una madre. Alessandra sottolinea la sua incredulità e la brutalità della rivelazione, un momento che l’ha segnata profondamente.

La donna, rendendo omaggio alla memoria della figlia, si è opposta ad ogni tentativo di insabbiamento della verità e ha voluto portare alla luce non solo le ingiustizie subite dalla figlia, ma anche le falle nel sistema di controllo degli immigrati. È un’accusa diretta contro le autorità che, a suo avviso, non hanno fatto abbastanza per prevenire simili tragedie. La sua frustrazione è palpabile, e il suo grido di aiuto rendere giustizia a Pamela e dare attenzione a queste storie è divenuto un impegno costante.

La questione della giustizia e del silenzio politico

Negli anni trascorsi dall’omicidio di Pamela, molte manifestazioni si sono svolte contro il razzismo, mentre Alessandra lamenta la mancanza di mobilitazione per le vittime di violenze perpetrate da immigrati. La sua domanda si fa urgente: perché le vittime, in particolare quelle di crimini legati all’immigrazione, sono spesso trascurate dalle istituzioni? Alessandra sottolinea l’incoerenza tra l’attenzione data a certe ingiustizie e il silenzio assordante su altre.

Inoltre, critica la percezione del carnefice che, a suo avviso, continua a godere di diritti e comodità, anche in carcere, mentre le famiglie delle vittime si trovano in un vortice di dolore senza alcuna risposta. Questa incoerenza di trattamento aggiunge ulteriore veleno al già complesso dibattito sull’immigrazione e la giustizia in Italia, rendendo i casi delle vittime come Pamela, Lola e Desirée emblematici di una questione più ampia e drammatica.

La prefazione del libro, scritta dal vicedirettore de “La VeritàFrancesco Borgonovo e la postfazione di Chiara Magnificat, pongono l’accento sulla necessità di non lasciare che questi nomi cadano nel dimenticatoio. Celebrare le vite spezzate attraverso la scrittura e la testimonianza, pertanto, diventa un atto rivendicativo e liberatorio, nel tentativo di porre fine al silenzio che avvolge troppe storie di violenza e abuso.