Il caso di Maria Campai ha sconvolto la comunità locale e ha sollevato interrogativi atroci sulla natura umana. Il padre del presunto assassino, un ragazzo di 17 anni, si è espresso apertamente dopo la cattura del figlio, esprimendo una ferma determinazione a sostenere la giustizia, a prescindere dalle accuse. Conosciuto per il suo lavoro nella riparazione dei lampioni, ha parlato chiaramente dei frangenti della notte del delitto e dei suoi dubbi sulla responsabilità esclusivamente del ragazzo in questione.
Le parole del padre: responsabilità e domande
Il padre, scioccato e visibilmente provato, ha affermato categoricamente: «Se mio figlio ha sbagliato, allora pagherà tutto quello che deve pagare». Tuttavia, ha anche espresso le sue convinzioni riguardo al coinvolgimento di altri. Secondo lui, se suo figlio fosse davvero l’assassino, «ha avuto uno o due complici», e non ha potuto effettuare tutto da solo. Queste dichiarazioni sono state fatte mentre si preparava a fornire vestiti e effetti personali per il figlio, attualmente dietro le sbarre.
Il 19 settembre, giorno in cui è avvenuto l’omicidio, il padre ha raccontato di aver pensato che il figlio fosse in palestra o nel box che usa per gli allenamenti privati, assieme ai suoi amici. Tuttavia, i compagni di classe hanno descritto un ragazzo solitario, poco propenso a socializzare, salvo che durante le sessioni di allenamento di Mma, il suo sport preferito. Queste testimonianze offrono uno spaccato della personalità inquietante e contraddittoria del giovane, apparendo chiuso al mondo esterno, nonostante la sua passione per la lotta.
Una personalità complessa e la reazione dei carabinieri
Le forze dell’ordine che hanno arrestato il 17enne si sono stupite della sua forza muscolare, definita addirittura sproporzionata rispetto alla sua età. La descrizione condivisa dai carabinieri contrasta nettamente con la descrizione fornita dal padre, il quale ha sempre considerato il figlio come un ragazzo timido e gentile, lontano da episodi di violenza. «Mio figlio non è una persona aggressiva», ha ribadito, cercando di ridimensionare la gravità delle accuse.
La violenza estrema manifestata nel delitto di Maria Campai, tuttavia, desta interrogativi e solleva dubbi sulla fragilità della comprensione che il padre ha della personalità del giovane. “Chi è veramente mio figlio?”, ha chiesto retoricamente, mentre cercava di trovare un senso a quanto accaduto.
Dubbi e speranze di ulteriori indagini
Durante le conversazioni con i familiari in Albania, il padre ha sollevato nuovamente la questione dei complici, affermando che è illogico pensare che il ragazzo possa avere trascinato da solo il cadavere nel giardino. «C’era qualcuno che lo aiutava», ha insistito, alimentando ulteriormente le speculazioni su un’eventuale rete di complici. Tuttavia, ha sottolineato anche la necessità di rintracciarli: «Vanno trovati». In quest’ottica, la partita entra nel vivo, con l’attesa di scoprire se davvero ci sono altri coinvolti.
La comunità, intanto, si stringe in un abbraccio di dolore per la tragedia, mentre gli inquirenti proseguono le indagini per far luce su un caso che ha lasciato tutti senza parole. La giustizia deve fare il suo corso, mentre le vite di molte persone cambiano per sempre in uno scenario di incomprensibile violenza.