Il tema della memoria storica e delle vittime della mafia e del terrorismo continua a suscitare dibattiti e riflessioni intensi nel nostro Paese. Il nuovo volume curato da Andrea Apollonio, intitolato “A cosa serve il ricordo“, edito da Sciascia, si propone di rievocare i momenti salienti di lotte e sacrifici attraverso la raccolta di discorsi commemorativi che hanno segnato la storia recente dell’Italia. Con prefazione di Giovanni Salvi e postfazione di Giovanni Bianconi, il libro esamina non solo i drammi personali di magistrati uccisi, ma anche il messaggio profondo che emerge dalla loro tragica fine.
Le reazioni agli omicidi di magistrati: un cambio di paradigma
Il 1971 rappresenta un punto di svolta nella storia giudiziaria italiana, poiché segna la prima volta in cui viene assassinato un magistrato, il procuratore Pietro Scaglione, insieme all’agente Antonio Lorusso, a Palermo. La reazione dell’opinione pubblica fu profonda e dolorosa, ma sorprendentemente assente fu la menzione della mafia da parte delle autorità politiche, compreso il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. I suoi interventi furono segnati dallo “sdegno” e dall’auspicio di giustizia, ma la parola “mafia” rimase in silenzio. Solo cinquant’anni dopo, il presidente Sergio Mattarella conferì a Scaglione la medaglia d’oro al valore civile, un gesto che sottolinea l’importanza di ricordare e riconoscere i sacrifici di chi ha lottato contro la criminalità organizzata.
Questa prima commemorazione ha aperto la strada a molte altre, creando un legame tra le vittime della mafia e quelle degli attacchi terroristici che ha colpito l’Italia nei decenni successivi. Andrea Apollonio, nel suo libro, ha raccolto 14 di questi discorsi, ognuno rappresentante un momento di riflessione e un invito alla memoria. L’obiettivo di queste commemorazioni è duplice: onorare chi ha dato la vita per la giustizia e riconoscere la complessità del fenomeno mafioso e dei legami con il potere politico.
La mafia come forza di intimidazione: il silenzio e la paura
Nel corso degli anni, la mafia ha dimostrato non soltanto la sua violenza, ma anche un’acuta capacità di intimidazione. A questo proposito, la selezione di discorsi raccolti da Apollonio mette in luce il drammatico scenario in cui i pubblici ministeri si sono trovati ad operare. I delitti mirati avvenivano in un contesto di “coabitazione” tra la criminalità organizzata e il potere, dove i magistrati rappresentavano il principale ostacolo a un traffico di potere sotterraneo.
Un caso emblematico è quello di Antonino Saetta, il giudice colpito durante il maxiprocesso. La sua morte segna un tragico cambio di rotta: le intimidazioni mafiose iniziarono a colpire anche gli alti funzionari del sistema giudiziario. Con l’ampliarsi dell’area di pericolo, si evidenzia una società in cui il coraggio di denunciare e combattere le ingiustizie si scontra con la brutalità della mafia e i suoi tentativi di silenziare le voci scomode.
Andrea Apollonio sottolinea che la mafia ha colpito, non solo fisicamente, ma ha anche cercato di annientare la voglia di giustizia. Le sue azioni assassine miravano a destabilizzare il sistema, a creare un clima di paura volto a far desistere i magistrati da indagini impopolari. La mafia non si limitava a uccidere; attraverso la minaccia e l’assassinio, mirava a fermare ogni forma di resistenza legale e, per questo motivo, il loro operato richiede un continuo lavoro di memoria e di giustizia.
Il terrorismo e il suo obiettivo di destabilizzazione
Mentre la mafia colpisce in nome del potere sotterraneo, il terrorismo in Italia ha avuto una motivazione ideologica e politica. I discorsi commemorativi analizzati da Apollonio non possono prescindere dall’influenza del terrorismo, che ha portato a una spirale di violenza contro obiettivi simbolici dello Stato. Giovanni Bianconi sottolinea l’importanza di questa dimensione politica, evidenziando come il terrorismo si proponga di abbattere le strutture democratiche esistenti.
Sandro Pertini, il presidente partigiano, si trovò a gestire l’emergenza mafiosa e quella terroristica in un periodo critico per la democrazia italiana. I suoi discorsi commemorativi, spesso tenuti tra un funerale e l’altro, hanno messo in evidenza la necessità di combattere le due forme di violenza e di ribadire il valore della giustizia. Pertini affrontò, ad esempio, l’omicidio di Vittorio Bachelet, vice presidente del Csm, sottolineando quanto fosse cruciale difendere i valori democratici e le istituzioni.
In questo contesto, i discorsi non sono soltanto atti di commemorazione, ma diventano strumenti per richiamare l’attenzione su problematiche e sfide attuali. I nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle altre vittime risuonano come moniti continui, aggravando la riflessione sulla lotta contro tutte le forme di violenza e di oppressione. La narrazione di questi eventi storici, orchestrata da Apollonio nel suo libro, si traduce in una chiamata all’azione per una nuova generazione, affinché il ricordo di tali sacrifici non vada perduto.
Il volume di Apollonio si configura, dunque, non solo come un’opera di memorialistica, ma come un’ancora di salvezza per la memoria collettiva italiana.