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Il silenzio ambivalente dei paesi arabi di fronte all’offensiva israeliana contro Hezbollah

Il silenzio ambivalente dei paesi arabi di fronte all'offensiva israeliana contro Hezbollah - Bagolinoweb.it

Nell’ambito dell’attuale conflitto in Libano, le reazioni da parte dei paesi arabi si distaccano da quelle storicamente attese. Mentre le proteste e le condanne contro Israele si intensificano nel contesto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, sembra evidente una mancanza di azioni concrete da parte di stati che, pur esprimendo la loro indignazione, non si muovono a favore di un cambiamento radicale nelle loro politiche diplomatiche verso Israele. Questa complessa situazione suggerisce che, dietro l’apparente condanna, possa nascondersi una strategia di attesa che favorirebbe l’azione israeliana contro Hezbollah.

Le proteste contro Israele e la mancanza di azioni concrete

La situazione attuale tra Israele e Hezbollah ha portato a un’ondata di proteste e denunce da parte di diversi paesi arabi, soprattutto a New York, dove si svolge l’importante incontro internazionale. Mentre le voci contro le operazioni israeliane in Libano si alzano sempre più, da alcune nazioni ci si aspetterebbe un passo decisivo, come il ritiro dagli Accordi di Abramo del 2020. Questi accordi storici sono stati siglati da Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco e Sudan, sviluppando un nuovo clima di relazioni con Israele. Nonostante l’intensificarsi delle condanne nei confronti dello stato israeliano, nessuna delle nazioni firmatarie ha dato segni di volersi distaccare dagli accordi, né ha ventilato ipotesi di interruzione delle relazioni diplomatiche.

L’assenza di azioni tangibili da parte di queste nazioni si colloca in un contesto più ampio, in cui anche le interazioni commerciali e i collegamenti aerei continuano a prosperare. Ad esempio, la compagnia aerea Emirates mantiene una rete di voli tra Israele e il resto del mondo, nonostante le tensioni. Anche la Giordania, pur denunciando l’aggressione israeliana, ha mantenuto nel tempo una cooperazione militare con Tel Aviv, evidenziando una netta contraddizione tra la retorica pubblica e le relazioni private.

L’Arabia Saudita e l’equilibrio della diplomazia

Sebbene l’Arabia Saudita sia nota per la sua critica verso alcune azioni israeliane, non ha mai completamente abbandonato l’idea di un disgelo diplomatico con Israele. Questo approccio è significativo, poiché un potenziale riscaldamento delle relazioni tra Riyad e Tel Aviv rappresenterebbe un passo ancor più importante rispetto agli accordi firmati nel 2020. L’evoluzione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele è da interpretare in un contesto geopolitico complesso, dove la lotta contro Hezbollah e la minaccia iraniana tornano a farsi sentire, creando uno spazio in cui il regno saudita potrebbe cercare di approfittare della vulnerabilità della milizia libanese.

Molti stati arabi, pur riconoscendo il danno umanitario e le conseguenze delle operazioni israeliane, nutrono un certo grado di enfasi strategica nell’osservare lo scontro. Questo comportamento suggerisce che, per alcuni, Israele potrebbe assolvere un ruolo di “cacciatore” di Hezbollah, liberando i governanti arabi da una minaccia significativa che riveste un’importanza fondamentale per la stabilità della regione. In questo senso, si potrebbe dire che gli stati arabi scelgono di guardare piuttosto che agire, per non compromettere i delicati equilibri già esistenti nei loro interessi nazionali.

Hezbollah: nemico comune nel mondo arabo

Hezbollah è percepito da molti paesi arabi come un pericolo crescente, un’entità che ha superato i confini del combattimento contro Israele, diventando un attore regionale con un impatto profondo su vari conflitti all’interno di diverse nazioni arabe. Originariamente, Hezbollah era visto come un simbolo di resistenza contro l’occupazione israeliana, accreditato di aver rappresentato la lotta del popolo palestinese. Tuttavia, negli anni, la sua evoluzione in un’influenza militare e politica ha generato preoccupazioni tra gli stati sunniti moderati e conservatori.

Per queste nazioni, Hezbollah si è trasformato in un braccio armato dell’Iran, evocando paure sui legami che rischiano di destabilizzare ulteriormente la regione. L’ombrello di Hezbollah si estende a conflitti come quelli in Siria e in Iraq, dove l’intervento dell’Iran ha messo a rischio l’equilibrio regionale, trasformando il gruppo in una forza armata che agisce al di fuori delle linee di demarcazione statali tradizionali. Questa percezione giustifica il silenzio strategico dei paesi arabi, che potrebbero identificarsi con l’idea che un raffinato intervento israeliano contro Hezbollah potrebbe risolvere un problema con cui loro stessi si trovano a dover fare i conti.

In una situazione così complessa, i paesi arabi sembrano bilanciare le loro domande morali con le realpolitik. Questo scenario evidenzia l’ambiguità della politica araba: una condanna pubblica contrapposta a un’associazione tacita con le azioni israeliane, portando quindi a un paradosso in cui il “cane” abbaia, ma non morde. L’evidente disparità tra le reazioni e le attese in questo drammatico contesto internazionale illumina il futuro delle relazioni in Medio Oriente, dove le tensioni rimangono un tema di persistente attualità.