Le recenti statistiche dell’INPS illuminano un quadro complesso e disuguale riguardante le pensioni in Italia, evidenziando profonde differenze tra le diverse aree del Paese. La disparità non è solo economica, ma si riflette anche in questioni di genere, creando un’ulteriore dimensione di disagio per le persone che vivono nel Sud Italia. Questo approfondimento esplora le tendenze emergenti e mette in evidenza il divario significativo che esiste tra le varie regioni italiane, evidenziando l’impatto sulle vite dei pensionati e su coloro che dipendono dai sussidi governativi.
Divari nei pagamenti pensionistici tra Nord e Sud
Nel XXIII rapporto annuale presentato dall’INPS, emerge con chiarezza una netta distinzione nella distribuzione delle pensioni tra le regioni del Nord e del Sud. Nel complesso, il 47% dei 15,5 milioni di pensionati italiani risiede nel Nord, mentre solo il 31% è rappresentato nel Mezzogiorno. Questo si traduce in una disuguaglianza evidenziata dai numeri: su un totale di 347 miliardi di euro spesi dall’INPS per le pensioni, le risorse destinate alle regioni meridionali sono nettamente inferiori, concentrandosi principalmente su forme di assistenza sociale piuttosto che su pensioni vere e proprie.
In termini monetari, l’importo medio delle pensioni al Nord raggiunge quasi i 2.000 euro lordi mensili, mentre la cifra scende a 1.500 euro nel Sud. Le contraddizioni sono particolarmente marcate in Campania, dove il reddito medio pensionistico è di 1.207 euro, un valore superiore solo a quello della Calabria, il quale si attesta a 1.079 euro. A fronte di queste disuguaglianze, la Lombardia vanta un importo medio di 1.439 euro.
Le statistiche sull’ingresso nel sistema pensionistico forniscono ulteriori spunti. Nel 2023, il 95% dei nuovi pensionati proviene da zone del Nord, in particolare la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, mentre in Campania, oltre la metà delle nuove pensioni erogate sono legate a invalidità civile. Questo scenario evidenzia l’emergere di un fenomeno strutturale che sembra escludere le regioni meridionali dalla crescita economica e dallo sviluppo pensionistico.
Disparità di genere nelle pensioni
Un aspetto fondamentale che emerge dall’analisi è il divario di genere, che si acuisce ulteriormente nelle diverse regioni. Le donne pensionate in Campania ricevono un importo mensile lordo di circa 1.200 euro, quasi 300 euro in meno rispetto ai loro omologhi maschili, e circa 700 euro in meno rispetto ad una pensionata lombarda. Se si esaminano anche i trattamenti assistenziali, la situazione diventa allarmante: il reddito pensionistico delle donne calabresi scende a soli 695 euro mensili, uno dei più bassi in Italia.
La questione del divario di genere è complessa e influenzata da vari fattori socio-economici e culturali. L’INPS ha sviluppato un indice per calcolare le disparità di genere, evidenziando che il gap è più rilevante nelle regioni settentrionali. Tuttavia, il reddito medio delle pensioni nel Nord grava notevolmente sull’inflazione dei dati nazionali, distorcendo la reale percezione del divario.
Crescita dei sussidi al Sud: l’impatto del “Supporto per la Formazione e il lavoro”
Un importante elemento nel panorama attuale è rappresentato dal “Supporto per la Formazione e il lavoro”. Questa iniziativa, introdotta dal governo Meloni per sostituire il Reddito di Cittadinanza, ha come obiettivo la riqualificazione di coloro che possono lavorare attraverso programmi di formazione. La distribuzione dei beneficiari di questo supporto è cruciale: oltre il 78% vive nel Sud, con una percentuale di quasi il 28% solo in Campania.
L’incremento dei beneficiari in Campania è notevole: da poco più di 10.000 a quasi 29.000 in pochi mesi. Questo è un chiaro indicativo della necessità di sussidi nel Mezzogiorno, suggerendo che queste misure, più che supportare l’inserimento nel mercato del lavoro, servono principalmente per fronteggiare problemi legati alla povertà.
L’inefficacia della formazione offerta è confermata anche dal basso tasso di completamento da parte dei beneficiari. Oltre il 29% di loro non ha caricato un curriculum vitae sul portale di gestione della misura, un passo fondamentale per l’inserimento nel mondo del lavoro. Questi dati evidenziano una realtà preoccupante: solo il 6% dei beneficiari possiede una laurea, mentre il 41% ha un titolo di scuola elementare, sottolineando la necessità di programmi formativi più incisivi per supportare un’integrazione efficace nel mondo del lavoro moderno.