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Diffamazione online: la battaglia legale postuma di Michela Murgia e la sentenza favorevole al querelato

Diffamazione online: la battaglia legale postuma di Michela Murgia e la sentenza favorevole al querelato - Bagolinoweb.it

Diffamazione online: la battaglia legale postuma di Michela Murgia e la sentenza favorevole al querelato

Un episodio di diffamazione sui social è tornato alla ribalta, coinvolgendo la memoria della scrittrice MICHELA MURGIA, scomparsa nel 2022. Un residente di Cellino San Marco ha reagito a un post falso attribuito all’autrice, aprendo a una causa legale che ha visto il marito della Murgia come querelante. L’episodio solleva interrogativi sulla responsabilità nel mondo digitale e sulla difesa della reputazione, tematiche di crescente rilevanza nella società contemporanea.

L’origine della controversia

Il post falso e la reazione del residente

La controversia a sfondo legale ha inizio nel 2019, quando un post attribuito a MICHELA MURGIA dichiara: “Vorrei appendere tutti gli italiani che hanno votato a destra per i piedi a Piazzale Loreto”, accompagnato da un’immagine dell’autrice. Questo contenuto, rivelatosi poi una fake news, ha suscitato la reazione di un uomo di Cellino San Marco, Brindisi, che, infastidito per il presunto attacco alla propria ideologia politica, commentò con frasi offensive. Questa reazione ha accentuato il malinteso, portando a una querela e sottolineando l’importanza di verificare l’accuratezza delle informazioni diffuse sui social.

L’uomo, convinto che il post fosse autentico, ha risposto con parole dure, esprimendo un verdetto negativo sulla figura della scrittrice e sull’ideologia comunista. La situazione ha portato Murgia a considerarsi diffamata e ha spinto il suo legale a chiedere un risarcimento di 25 mila euro per il danno all’immagine. La querela ha proseguito tra varie udienze fino alla sua conclusione, rendendo evidente quanto la reputazione possa essere compromessa da affermazioni non verificate.

La battaglia legale

La querela e le difese

Entrando nel merito dell’azione legale, il marito di Murgia ha assunto l’incarico di proseguire la causa a nome della defunta, evidenziando la necessità di tutelare l’eredità e le opere della scrittrice. La difesa dell’uomo di Cellino, rappresentata dall’avvocato Umberto Leo, ha sostenuto che la reazione fosse giustificata dalla situazione di “stato d’ira”, considerando che l’individuo si sentiva colpito da un attacco ingiusto. Questa argomentazione ha aggiunto un elemento di complessità al caso, ponendo l’accento sulla responsabilità individuale nelle risposte a contenuti provocatori e la relazione tra emozione e comunicazione nell’ambito sociale.

Il legale ha argomentato che azioni intraprese in un contesto di offesa non possano essere considerate pienamente penalizzabili, facendo leva sull’idea che l’uomo avesse agito in un momento di reazione emotiva dopo aver appreso della presunta affermazione. Questa interpretazione ha sollevato interrogativi sull’applicabilità delle norme contro la diffamazione in un contesto di forte polemica politica e comunicazione social.

La sentenza e le sue implicazioni

La decisione del giudice

Dopo un’attenta analisi, il giudice del tribunale di Roma ha dichiarato la frase offensiva, ma non sufficientemente dannosa per giustificare il risarcimento richiesto. Il giudice ha inoltre messo in evidenza che simili espressioni non erano nuove nel panorama dell’immagine pubblica di Murgia, implicando una società in cui frasi provocatorie e offensive possono circolare senza necessariamente alterare l’immagine di una figura pubblica.

La decisione finale ha acceso un dibattito su cosa costituisca veramente danno all’immagine, riflettendo sulla resilienza delle personalità pubbliche di fronte alle diffamazioni digitali e sull’importanza di mantenere un’efficace gestione della reputazione nel mondo online. Questo caso funge da monito per le persone e le organizzazioni riguardo alla necessità di vigilanza e precauzione nel trattamento di contenuti pubblicati sui social, nonché sulla responsabilità che ciascuno ha nell’addentrarsi in conversazioni controverse.

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