Beirut, capitale del Libano, è un crocevia di culture e storie che si intrecciano anche in tempi di crisi. In questo contesto, la Family Casini rappresenta un esempio di resistenza e attaccamento a una terra segnata da conflitti. Tra i rumori dei bombardamenti e le tensioni geopolitiche circostanti, il ristorante “Luigi Cucina Italiana” continua ad essere un punto di incontro per i libanesi e i visitatori.
La storia del ristorante Casini: 70 anni di tradizione culinaria
Nel cuore di Beirut, il ristorante “Luigi Cucina Italiana” è una testimonianza della presenza italiana nel Libano, fondata oltre settant’anni fa. Sandro Casini, attuale gestore del locale, racconta le radici della sua famiglia che risalgono al 1950, quando suo nonno Tommaso lasciò Frascati per cercare fortuna nel Levante. Da allora, la famiglia ha mantenuto viva la tradizione culinaria, offrendo piatti autentici che attirano clienti da ogni angolo della capitale libanese.
Sandro descrive Beirut come una città vibrante, che va ben oltre le immagini di distruzione e conflitto spesso trasmesse dai media. “Qui abbiamo casa e lavoro. Abbiamo troppe cose importanti che non possiamo lasciare,” afferma con determinazione. Nonostante i rumori dei bombardamenti in altre zone della città, nel ristorante l’attività continua senza interruzioni. I clienti affollano i tavoli durante l’ora di pranzo, e le spiagge e i locali notturni rimangono pieni di vita. Sandro ritiene che la resilienza dei libanesi sia parte della loro identità, che si manifesta anche durante i momenti più critici.
La missione di Intersos: impegno umanitario in tempi di crisi
Valentina Corona, capo missione di Intersos, un’importante organizzazione umanitaria con sede a Roma, condivide una visione simile sulla situazione a Beirut. “Resteremo qui e non abbiamo intenzione di spostare il nostro staff,” dichiara, sottolineando l’importanza del loro lavoro a supporto della popolazione locale. Intersos opera in aree considerate sicure e la volontà di tutti i collaboratori di rimanere a Beirut è chiara.
Valentina spiega che, sebbene la situazione possa diventare più critica, finora le aree dove operano non sono state coinvolte in attacchi. Tuttavia, la pianificazione di un eventuale spostamento è già stata presa in considerazione nel caso in cui il conflitto dovesse sfociare, ma per ora rimangono concentrati sulla loro missione umanitaria. L’organizzazione è consapevole che il contesto libanese è complesso e richiede un’attenta gestione delle risorse e una continua valutazione della sicurezza.
La risposta del governo italiano: evacuazioni e misure di sicurezza
In seguito alle recenti escalation di violenza nella regione, anche il governo italiano sta attuando misure per garantire la sicurezza dei suoi cittadini in Libano. Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha dichiarato che molti italiani stanno già lasciando il paese attraverso voli commerciali e che il governo è in contatto costante con le ambasciate per monitorare la situazione.
Alla Farnesina è stato rafforzato il contingente di carabinieri del reggimento “Tuscania“, mentre unità navali sono pronte a essere attivate per eventuali evacuazioni. Nel Libano ci sono attualmente circa 3.000 connazionali, di cui una parte significativa ha doppia cittadinanza. Circa 300 persone potrebbero aver bisogno di essere rimpatriate in modo urgente, escludendo il personale militare della missione Unifil e il personale diplomatico.
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha chiarito che i militari italiani presenti nella regione non sono considerati a rischio imminente e che la loro presenza ha un valore strategico, sperando in una de-escalation dei conflitti in corso. La comunità italiana a Beirut, rappresentata da persone come i Casini e dal personale umanitario di Intersos, continua a vivere e lavorare nella capitale, contribuendo a scrivere una storia di resistenza in un contesto di difficoltà.