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Accuse di lavoro forzato nello Xinjiang: Pvh nel mirino delle autorità cinesi per il boicottaggio del cotone

Accuse di lavoro forzato nello Xinjiang: Pvh nel mirino delle autorità cinesi per il boicottaggio del cotone - Bagolinoweb.it

La questione dei diritti umani in Cina, in particolare nella regione dello Xinjiang, continua a sollevare preoccupazioni internazionali. Le accuse all’indirizzo di grandi marchi, come Pvh, di boicottare il cotone prodotto in questa zona sono fonte di tensione diplomatica. La decisione di alcuni marchi di non rifornirsi da queste aree è guidata dalle preoccupazioni riguardanti i diritti delle minoranze etniche, in particolare quella uigura, spesso associata a condizioni di lavoro forzato. Questo contesto ha portato il governo cinese ad avviare indagini e a prendere provvedimenti contro le aziende accusate di discriminazione.

La posizione delle autorità cinesi e le minacce di ritorsione

Il ministero del Commercio cinese ha recentemente annunciato di voler valutare la condotta del gruppo Pvh, proprietario di marchi noti come Calvin Klein e Tommy Hilfiger. L’accusa di “boicottaggio” al cotone dello Xinjiang si accompagna alla richiesta di fornire giustificazioni fattuali a sostegno delle politiche aziendali in merito all’approvvigionamento di materie prime. Secondo le autorità, l’accusa non si limita a una questione commerciale; essa implica anche la volontà di combattere contro gli sforzi occidentali che mirano ad emarginare le aziende cinesi. La minaccia di inserire Pvh nell’elenco degli “enti inaffidabili” rappresenta una strategia repressiva per dissuadere altre multinazionali dall’adottare posizioni simili.

L’azione legale si inserisce in un contesto più ampio di tensione tra Stati Uniti e Cina, con Pechino che sembra rispondere alle misure economiche imposte da Washington, inclusi i divieti d’importazione legati alla fornitura di cotone dallo Xinjiang. Questa strategia di ritorsione economica rappresenta un segnale chiaro dell’importanza economica e geopolitica che la Cina attribuisce a questa regione. Le implicazioni di tali misure potrebbero avere ripercussioni significative sulle relazioni commerciali e diplomatiche tra le due potenze.

Le reazioni di Pvh e le politiche sui diritti umani

Di fronte a queste accuse, Pvh ha affermato di essere in contatto con le autorità cinesi e di aver abbandonato l’acquisto di cotone dallo Xinjiang già nel 2020. L’azienda ha sottolineato il suo impegno per il rispetto delle leggi e delle normative in ogni mercato in cui opera. Tuttavia, l’indagine aperta dal ministero cinese apre a possibili scenari di tensione, dal momento che le multinazionali stanno operando in un ambiente sempre più ostile in tema di diritti umani. Anche altre aziende, come H&M, hanno dovuto affrontare conseguenze simili, trovandosi escluse da importanti mercati dopo aver interrotto i rifornimenti dalla regione.

Questo clima di crescente conflitto tra la Cina e i marchi occidentali pone interrogativi sulle responsabilità aziendali verso i diritti umani. La necessità di trasparenza nelle catene di approvvigionamento è divenuta un tema centrale, con consumatori e politici che chiedono sempre più di evitare prodotti legati a pratiche di sfruttamento. Tale pressione potrebbe portare a un ripensamento delle strategie commerciali, con un numero crescente di marche che si orientano verso fornitori in paesi come Vietnam, Cambogia e Bangladesh, dove le condizioni di lavoro non sono oggetto delle stesse accuse.

L’impatto della legislazione statunitense sul commercio con la Cina

La questione del commercio di cotone dallo Xinjiang è stata esacerbata dall’adozione dello Uyghur Forced Labor Prevention Act negli Stati Uniti, che mira a bloccare le importazioni di beni prodotti tramite lavoro forzato. Questa legislazione ha avuto un impatto significativo sulla filiera del tessile e della moda, costringendo le imprese a rivedere le loro pratiche di approvvigionamento. Inoltre, la crescente sensibilità dei consumatori riguardo alle questioni etiche nei prodotti di consumo ha spinto diverse aziende a cercare alternative al cotone cinese.

Parallelamente, l’amministrazione Biden ha recentemente annunciato misure per monitorare e limitare l’importazione di prodotti considerati tossici, provenienti da aziende come Shein e Temu. In tale contesto, la decisione di Pvh di distaccarsi dalle forniture dello Xinjiang riflette un atteggiamento sempre più cauto delle aziende verso rischi reputazionali e legali. L’attenzione sulle fonti di approvvigionamento e sul rispetto dei diritti umani sta cambiando il modo in cui le aziende operano a livello globale, rendendo necessaria una riflessione su come gestire le catene di fornitura in modo responsabile e conforme alle normative internazionali.