Nel cuore della Calabria, le rivelazioni emerse durante il processo “Reset” stanno facendo tremare le fondamenta della movida e della cultura sportiva. Le testimonianze di pentiti, come quella di Giuseppe Montemurro, evidenziano un allarmante intreccio tra attività criminali e la gestione di eventi pubblici, dai concerti agli stadi, in una delle province più colpite dalla malavita organizzata.
L’influenza della criminalità organizzata sulla sicurezza nei locali
La testimonianza di Giuseppe Montemurro si fa portavoce di un fenomeno inquietante che sta emergendo dal processo in corso. Interrogato dal pubblico ministero Corrado Cubellotti, Montemurro ha svelato il meccanismo con cui i clan, seppur indirettamente, esercitano il loro dominio sulla sicurezza dei locali notturni a Cosenza e nei suoi dintorni. La sua esperienza come braccio operativo dei clan degli “Italiani” e degli “Zingari” offre uno spaccato di un’area grigia in cui il confine tra sicurezza legittima e imposizione mafiosa è labile e sfumato.
Il collaboratore di giustizia ha chiaramente affermato che non si trattava solo di estorsioni, ma di un controllo capillare che si estendeva ben oltre le mura dei locali notturni. Gli eventi pubblici, comprese le manifestazioni sportive e i concerti, diventano così terreno fertile per manovre illecite. Montemurro ha specificato che gli affari dei clan includevano la fornitura di steward durante eventi di rilevanza, citando espressamente il concerto di Zucchero. Qui, la criminalità organizzata si inserisce in un sistema economico che rende difficile individuare il controllo mafioso, nonostante la legalità dichiarata.
Ancora più problematico è il fatto che questo tipo di attività non solo alimenta le casse illecite dei clan, ma influisce negativamente sulla percezione di sicurezza tra i cittadini, costringendo i locali a fare affidamento su un servizio che, di fatto, risulta essere imposto e non scelto liberamente.
La connessione tra mafie e sport: una realtà allarmante
Non è un segreto che il mondo del calcio, specialmente nei contesti di grande passione come quello calabrese, sia vulnerabile a infiltrazioni mafiose. Montemurro ha esposto chiaramente come i clan stiano cercando di espandere la loro influenza nel contesto calcistico. La sua testimonianza menziona il coinvolgimento di figure chiave legate al Cosenza Calcio, sottolineando che la presenza della criminalità non è una novità nel mondo dello sport, ma una costante in diverse regioni d’Italia.
Questo è un elemento cruciale in un periodo in cui la DDA di Milano sta approfondendo casi simili relativi alla presenza della ‘ndrangheta negli stadi, in particolare a San Siro, dove sono state avviate indagini su possibili infiltrazioni nella gestione delle curve di Milan e Inter. La dimensione economica del calcio, con un giro d’affari che supera i milioni di euro, attira non solo investitori legittimi, ma anche criminali pronti a sfruttare il sistema per i loro fini.
Negli ultimi anni, episodi simili hanno dimostrato che il calcio è un settore in cui la criminalità organizzata può espandersi, impadronendosi di diritti di gestione e di servizi connessi come steward e sicurezza. Le inchieste hanno rivelato come i clan riescano a instaurare una sorta di monopolio su eventi e locali, minando le basi della legalità e della sana competizione.
Le prospettive di contrasto alla criminalità nel mondo dello sport
Il panorama attuale appare chiaramente preoccupante, ma quali possono essere le soluzioni per contrastare questa realtà? L’ex magistrato Guido Salvini ha recentemente avanzato l’idea della privatizzazione degli stadi come possibile rimedio alle infiltrazioni mafiose. Secondo Salvini, la cessione di impianti sportivi a società private potrebbe rappresentare un modo per interrompere il ciclo di controllo esercitato dalla criminalità organizzata.
L’idea si fonda sul concetto che, proprio come un grande centro commerciale gestito da privati, anche gli stadi potrebbero beneficiare di un sistema di sicurezza e gestione che non lasci spazio alle infiltrazioni mafiose. Nella visione di Salvini, rendere gli stadi luoghi sotto il controllo di aziende legittime, con un chiaro e rigoroso protocollo di sicurezza, rappresenterebbe un passo significativo verso la liberazione del calcio e della cultura sportiva calabrese dall’influenza della malavita.
Tuttavia, è chiaro che questa non è una soluzione semplice né immediata. Le indagini in corso e le azioni legali già avviate sono necessarie per svelare e combattere le dinamiche insidiose che collegano la malavita organizzata al tessuto sociale e culturale della Calabria. La strada da percorrere è lunga e ardua, ma la determinazione delle autorità nel svelare le verità celate è un segnale positivo nella lotta contro l’illegalità.