Il processo alla criminalità organizzata in Sicilia continua a suscitare clamore e preoccupazione. L’ultima sentenza della Corte di Cassazione ha svelato nuove verità sul clan del boss Antonio Massimino, sigillando quattordici condanne definitive e riaprendo la partita per tre imputati. Questo articolato caso, noto come inchiesta “Kerkent“, ha portato alla luce non solo reati di associazione mafiosa, ma anche gravi accuse come il traffico di droga e violenza sessuale. La sentenza emessa nei giorni scorsi rappresenta un ulteriore passo nella lotta contro la mafia siciliana e mette in evidenza la determinazione delle autorità nel perseguire la giustizia.
Le condanne definitive e i nuovi processi
Tra i verdetti recenti, spicca la condanna definitiva di vent’anni per Antonio Massimino, riconosciuto colpevole di associazione mafiosa e traffico di droga. Questa sentenza, già pesante di per sé, potrebbe essere ulteriormente aggravata. Infatti, i giudici della Cassazione hanno disposto un nuovo processo per Massimino e il commerciante di auto Salvatore Ganci, accusati di reati ancora più gravi, come il sequestro di persona e la violenza sessuale. Le indagini hanno rivelato una storia inquietante in cui Ganci avrebbe commissionato a Massimino una vendetta contro un uomo che, dopo averlo truffato con un assegno falso, aveva acquistato un veicolo.
Il racconto della collusione tra i due uomini si fa ancora più raccapricciante, con l’accusa che Massimino, assistito da un suo affiliato, avrebbe sequestrato la moglie della vittima e l’abbia sottoposta a violenze per impartire una lezione al truffatore. Questo grave fatto, inizialmente accolto con un’assoluzione nei precedenti gradi di giudizio, ha subito un’inversione di tendenza con il rinvio da parte della Cassazione, che ha richiesto un nuovo approfondimento del caso.
Frizioni nel clan: il caso di Luca Siracusa
Un altro aspetto cruciale emerso dall’inchiesta è l’annullamento della condanna di otto anni a carico di Luca Siracusa, coinvolto nella rete di narcotraffico orchestrata da Massimino. I documenti giudiziari rivelano che Siracusa era al centro di tensioni interne nel clan, specialmente con il defunto boss Cesare Lombardozzi. Quest’ultimo, prima della sua morte, aveva espressamente intimato a Massimino di mantenere Siracusa lontano dagli affari ovali, essendo egli il brother di un suo genero. La Cassazione ha dunque annullato la condanna, ordinando un nuovo processo che esaminerà in dettaglio il suo coinvolgimento e i reati di cui è accusato.
Altre condanne nel processo Kerkent
Oltre alle già menzionate condanne, il verdetto ha reso definitive altre quattordici condanne per cinquantadue incriminati coinvolti nel caso. Ogni condanna è un colpo significativo inflitto alle attività mafiose in Sicilia. Tra le pene inflitte ai membri del clan ricordiamo:
- Andrea Puntorno: 4 anni
- Antonio Messina: 9 anni e 4 mesi
- Sergio Cusumano: 8 anni e 4 mesi
- Giuseppe Tornabene: 8 anni e 4 mesi
- Giuseppe Messina: 12 anni, 10 mesi e 20 giorni
- Fabio Contino: 8 anni
- Calogero Rizzo: 4 anni
- Alessio Di Nolfo: 11 anni e 4 mesi
- Eugenio Gibilaro: 7 anni e 4 mesi
- Marco Davide Clemente: 9 anni e 2 mesi
- Francesco Vetrano: 16 anni e 1 mese
- Domenico Mandaradoni: 4 anni
- Liborio Militello: 8 anni
- Gregorio Niglia: 4 anni
Questi risultati evidenziano l’impatto duraturo dell’inchiesta “Kerkent” e il lavoro incessante delle forze dell’ordine, mirato a smantellare i sistemi di potere mafioso e garantire la giustizia ai cittadini innocenti.