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La crisi del ’92: il racconto del ragioniere generale e l’ombra del default

La crisi del '92: il racconto del ragioniere generale e l'ombra del default - Bagolinoweb.it

Nel 1992, l’Italia affrontò una delle sue crisi economiche più severe, mettendo a rischio la stabilità finanziaria del paese. Andrea Monorchio, Ragioniere generale dello Stato, rivive quei momenti di tensione e paura quando il governo fu costretto a prendere decisioni drastiche per evitare il collasso economico. Le sue testimonianze svelano retroscena inediti di una notte in cui il destino del paese pendeva da un filo.

La lira sotto attacco: un paese che rischiava il default

L’inizio dell’estate del 1992 vide la lira sotto attacco da parte dei mercati internazionali, in un periodo in cui la fiducia verso l’Italia vacillava. Andrea Monorchio si ricorda di quei momenti come una “notte buia” in cui il paese si avvicinava pericolosamente al default. Durante le settimane precedenti, i mercati finanziari avevano iniziato a mostrare segnali di nervosismo e disillusione, culminando nella decisione della Bundesbank di non sostenere più la nostra moneta. Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, si adoperò per mantenere la lira all’interno del Sistema monetario europeo, ma la situazione divenne insostenibile.

Monorchio enfatizza come i provvedimenti adottati dal governo di Giuliano Amato, che da un lato tentavano di stabilizzare l’economia, dall’altro comportassero enormi sacrifici per i cittadini. Con l’adozione di una manovra economica da 92 mila miliardi di lire più un decreto da 30 mila miliardi, si arrivò a effettuare un prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani. Questa mossa drammatica generò grande indignazione e collera, rivelando quanto fosse difficile navigare in acque così tempestose; i cittadini si ritrovarono a dover fronteggiare non solo la crisi economica, ma anche misure drastiche imposte dal governo.

Monorchio, dopo tredici anni di servizio nella Ragioneria generale, descrive il prelievo del sei per mille come “il cappio messo al collo di un condannato”, sottolineando l’inevitabile drammaticità della situazione. L’idea di dover intervenire sui risparmi dei cittadini fu assunta in maniera emergenziale e segreta, sottolineando il clima di urgenza e confusione che aleggiava tra le istituzioni.

Decisioni segrete e conflitti istituzionali

Un aspetto che colpisce nella testimonianza di Monorchio è il modo in cui la decisione del prelievo forzoso fu presa in modo riservato. L’incontro tra il presidente del Consiglio Giuliano Amato e il ministro delle Finanze Giovanni Goria, che si tenne nella notte prima dell’annuncio, rimase avvolto nel segreto. Monorchio riferisce che, per evitare il panico e il collasso del sistema, si scelse di non informare né i ministri, né il capo dello Stato, né il governatore di Bankitalia della misura in programma.

Questa mancanza di trasparenza portò a tensioni significative all’interno delle istituzioni. Quando il prelievo forzoso venne finalmente comunicato, Ciampi esprimeva la sua rabbia: “La Repubblica tutela il risparmio”, ribadì, collegando la misura alle inadempienze istituzionali. La frustrazione del governatore è palpabile, così come le ripercussioni che tali decisioni generano all’interno del governo. Il conflitto tra Ciampi e Amato rappresenta un momento critico, evidenziando come le decisioni economiche non inficiassero solo la popolazione, ma anche la salute stessa delle istituzioni.

La misura, che ha destato indignazione tra i cittadini e i partiti, aprì una ferita profonda nel tessuto sociale italiano. La fiducia nella gestione economica venne minata, portando i cittadini a guardare alle istituzioni con scetticismo, rendendo difficile ogni tentativo di recupero della normalità.

Una memoria da ragioniere: la responsabilità di gestire il debito pubblico

Andrea Monorchio vanta un’esperienza unica, essendo stato l’unico funzionario dello Stato a partecipare attivamente ai Consigli dei ministri. La sua presenza si deve alla fiducia riposta in lui dal ministro del Tesoro Guido Carli, che desiderava un supporto tecnico per le sue decisioni. Ricorda di come, pur avendo la competenza per analizzare e gestire i numeri del bilancio pubblico, nonostante ciò, la sua voce rimase inascoltata nei momenti cruciali.

Quella fase di crisi era il culmine di un lungo processo iniziato negli anni Settanta, quando il bilancio pubblico italiano si trovava in condizioni di relativa stabilità. Tuttavia, a partire da quel periodo, le riforme iniziavano ad essere varate senza adeguate coperture finanziarie, accumulando un debito sempre più insostenibile. Monorchio, pur conoscendo i numeri a menadito, si trovò spesso in minoranza, incapace di far valere un punto di vista che si dimostrava sempre più rilevante negli anni a venire.

In questa lunga e complessa crisi, l’importanza di una gestione oculata delle finanze pubbliche si rivelò chiara. Le scelte fatte e le omissioni commesse durante quel periodo storico avevano effetti devastanti e ammonitivi che sarebbero emersi nei decenni successivi, attività necessaria a tenere in piedi un sistema economico sempre più fragile.

In un nuovo contesto: il passaggio alla Seconda Repubblica e nuove sfide

Con l’inizio della Seconda Repubblica nel 1994, Andrea Monorchio si trovò a dover affrontare nuove sfide. Anche se il paese sembrava riprendersi dalla crisi, l’arrivo di Silvio Berlusconi come presidente del Consiglio portò a nuove preoccupazioni riguardo alla gestione economica. Il timore che i conti pubblici potessero nuovamente scivolare nel caos spinse il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro a contattarlo per ricevere un supporto nella gestione delle nuove sfide economiche.

Forte della sua esperienza, Monorchio suggerì il nome di Lamberto Dini come possibile ministro del Tesoro, sottolineando la sua conoscenza e competenza in materia economica. La scelta si rivelò corretta in un periodo in cui il paese continuava a navigare in acque problematiche, cercando di stabilizzare la propria economia.

La sua carriera, costellata da incontri con figure influenti come Francesco Cossiga, evidenziò come la gestione economica non si riducesse a mere questioni tecniche, ma fosse intrinsecamente legata alla politica e alle dinamiche interne del paese. Anche le piccole interazioni quotidiane rivelavano quanto fosse complesso il rapporto tra finanza e governo, un tema che rimane rilevante nel dibattito pubblico ancora oggi.

Le memorie di Monorchio, arricchite dalla sua esperienza durante una delle fasi più critiche della Repubblica, offrono un’importante lezione sui rischi e le sfide che la governance economica si trova a dover affrontare in contesti difficili, sottolineando l’importanza della trasparenza e della responsabilità nelle decisioni strategiche per il benessere del paese.