in

La Russia e la sua strategia di deterrenza nucleare: un’analisi approfondita

La Russia e la sua strategia di deterrenza nucleare: un'analisi approfondita - Bagolinoweb.it

La strategia di deterrenza nucleare della Russia rappresenta una pietra miliare nella sua politica di sicurezza nazionale, riflettendo una visione unica e storicamente radicata. Dmitry Adamsky, analista militare, esplora questo concetto nel suo recente saggio intitolato “The Russian Way of Deterrence”. Attraverso un’analisi dettagliata, viene delineato come la Russia percepisca e utilizzi le sue armi nucleari, gettando luce sulla mentalità strategica di Mosca, sulla quale si intersecano elementi culturali e religiosi.

La storia della deterrenza nucleare in Russia

Il concetto di deterrenza ha preso piede in Russia solo negli ultimi decenni della Guerra Fredda, segnando un netto ritardo rispetto al pensiero strategico occidentale. Per quasi cinquant’anni, l’approccio russo alla guerra nucleare è stato assimilato a quello di un “grande cannone”, dove le armi nucleari erano trattate come un’estensione della potenza militare convenzionale. Adamsky evidenzia come la deterrenza, nella sua accezione moderna, sia stata integrata nel pensiero strategico russo a seguito della necessità di rispondere alla crescente supremazia militare dell’Occidente.

Con la caduta dell’Unione Sovietica, la Russia ha ristrutturato il proprio pensiero strategico, incorporando una visione olistica della deterrenza, in cui gli elementi di potere nazionale si interconnettono armoniosamente. Ciò ha portato a una strategia di deterrenza che integra non solo il potere militare convenzionale e nucleare, ma anche la manipolazione delle informazioni e degli spazi informatici. L’ideologia ortodossa, presente nel discorso e nei simboli usati dai leader, ha ulteriormente colorato questa narrativa, rendendo più difficile la comprensione della strategia di Mosca da parte degli avversari occidentali.

La figura di Vladimir Putin e la deterrenza strategica

Vladimir Putin ha saputo costruire un’immagine di leader divino, utilizzando elementi religiosi per presentarsi come un portavoce di una missione ispirata da Dio. Questa auto-rappresentazione gioca un ruolo cruciale nel giustificare le sue azioni e nel caratterizzare la Russia come un’entità non convenzionale nel panorama geopolitico. Il concetto di “madman” nei contesti di deterrenza si collega all’imprevedibilità delle sue azioni, enfatizzando l’idea che la Russia possa colpire in modo inatteso, scombinando i calcoli dell’Occidente.

La religiosità ostentata di Putin si traduce in una forma di deterrenza strategica. Presentandosi come un leader figurato e messianico, Putin sfida la concezione occidentale di deterrenza, dove una minaccia calcolata produce una reazione prevedibile. Questa differenza interpretativa causa confusione, poiché le azioni della Russia non seguono una logica di deterrenza convenzionale, portando l’Occidente a fraintendere i segnali e a reagire in modi non previsti.

La complessità della deterrenza russa

La strategia di deterrenza russa si differenzia in modo significativo da quella occidentale, poiché Mosca non distingue nettamente tra difesa e attacco. I russi usano spesso lo stesso termine, “sderzhivanie”, per descrivere entrambi i concetti, operando su un perimetro più ampio che include l’uso ininterrotto di operazioni informatiche e disinformazione per mantenere un atteggiamento di deterrenza. Questo approccio porta a una continua azione psicologica e operativa nei confronti degli avversari, rendendo più complicata la definizione di una linea di demarcazione chiara tra pace e guerra.

Un elemento centrale della filosofia russa di deterrenza è l’idea di ingannare l’avversario attraverso la disinformazione. Gli strateghi di Mosca si concentrano sull’analisi delle vulnerabilità della controparte, preparando strategie per sfruttarle. Sebbene la teoria della deterrenza russa possa sembrare raffinata e complessa, la sua attuazione pratica si scontra spesso con i limiti della tradizione gestionale russa, che tende a tradurre le idee in azioni bisognose di perfezionamento.

La strategia di Putin e l’invasione dell’Ucraina

Adamsky sostiene che l’offerta di pace iniziale di Putin, che invitava l’Occidente a rinunciare alla vittoria della Guerra Fredda e concedere alla Russia una sfera d’influenza in Europa dell’Est, rifletteva una sincera convinzione nella possibilità di rinegoziare la sicurezza europea. Tuttavia, quando tale proposta si è rivelata fallimentare, Putin ha intrapreso l’invasione dell’Ucraina come passo necessario per riaffermare il potere russo e costringere l’Occidente a riconsiderare l’architettura di sicurezza.

L’uso esplicito della minaccia nucleare da parte di Putin ha avuto l’effetto di dissuadere l’intervento diretto occidentale in Ucraina. Tuttavia, il vero obiettivo della Russia, ovvero costringere l’Ucraina ad arrendersi, si è dimostrato più sfuggente del previsto. Le azioni militari e le minacce nucleari continuano a essere parte di un’ampia strategia coercitiva, che però non ha garantito il risultato desiderato. La dinamica geopolitica si fa sempre più complessa, con la Russia che tenta di imporsi non solo con la forza, ma anche con un’elaborata rete di deterrenza globale.