L’infiltrazione della ‘ndrangheta in Piemonte torna al centro dell’attenzione grazie all’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Recenti verbali del super pentito Vincenzo Pasquino rivelano dettagli inquietanti sul boss di Carmagnola, Franco D’Onofrio, e sul potere dell’organizzazione criminale nella regione. A far luce su questo intricato labirinto criminale è il processo Minotauro, che ha aperto importanti finestre sul crimine organizzato e sulla sua evoluzione nel territorio piemontese.
Il profilo di Franco D’Onofrio: tra passato e attualità
Franco D’Onofrio è descritto come un personaggio di spicco all’interno del crimine torinese. Vincenzo Pasquino, il collaboratore di giustizia che ha rivelato dettagli inquietanti nella sua testimonianza, ha condiviso che D’Onofrio ha una storia criminale riconducibile a Torino, dove è visto come una figura in grado di unire diversi elementi del crimine organizzato. Di origini vibonesi, D’Onofrio ha saputo adattarsi e ritagliarsi un ruolo chiave nel panorama del crimine locale, a tal punto da essere ritenuto il rappresentante della ‘ndrangheta a Torino.
La sua notorietà è tale che Pasquino ha dichiarato di averlo “frequentato” e di rispettarlo per il suo passato come “uomo d’azione”. D’Onofrio è ritenuto il fulcro di un sistema che gestisce, in modo capillare, attività illecite tra cui estorsioni e narcotraffico, utilizzando un approccio che gli consente di mantenere un basso profilo, presentandosi come un imprenditore rispettabile.
La testimonianza di Vincenzo Pasquino e il suo ruolo nel crimine
Vincenzo Pasquino si è trovato, fin dalla giovane età, nel cuore della ‘ndrangheta piemontese. La sua carriera criminale inizia nel 2011, quando viene affiliato alla famiglia Alvaro, prima di passare alla famiglia Agresta. I suoi legami con la criminalità organizzata si sono intensificati tra il 2012 e il 2017, periodo in cui ha acquisito un’importante posizione come broker, divenendo un collegamento fondamentale per le cosche calabresi operanti al nord.
La narrazione di Pasquino offre uno sguardo dettagliato sulle dinamiche interne della ‘ndrangheta in Piemonte, rivelando la complicità tra diversi gruppi criminali – dai Crea ai Gallace fino ai Vitale. La sua testimonianza non solo getta luce su come queste famiglie interagiscano tra loro, ma anche su come gestiscano il traffico di stupefacenti e altri reati nel territorio. Nel gennaio 2018, Pasquino si trasferisce in Brasile per motivi legati all’attività illecita, facendo successivamente ritorno in Italia, dove viene arrestato. Qui inizia il suo percorso di collaborazione con la giustizia, che culmina in una serie di dichiarazioni cruciali.
Il crimine organizzato a Torino e il potere di D’Onofrio
Franco D’Onofrio, secondo quanto riportato da Pasquino, non è solo un boss di Carmagnola, ma un attore strategico all’interno di una rete ben più ampia. La figura di D’Onofrio, che passa dal blocco A al blocco C del carcere di Le Vallette, rappresenta un fulcro di interazioni e decisioni tra i vari gruppi della criminalità organizzata. Pasquino racconta come i carcerati della cosca Crea devono chiedere il permesso a D’Onofrio per ogni decisione importante, comprese le scelte processuali come l’abbreviato. Questo testimonia l’autorità che detiene anche all’interno di un ambiente così ristretto come quello carcerario.
D’Onofrio è rimasto quindi una figura di riferimento per molteplici gruppi della ‘ndrangheta, capace di influenzare non solo il crimine a Torino, ma anche a livello nazionale. La sua strategia consiste nel mantenere un’immagine di rispettabilità, infondendo un clima di paura ma al tempo stesso di rispetto tra i membri della sua organizzazione.
La dinamica di potere e le relazioni reciproche
Il legame tra D’Onofrio e il suo “braccio destro”, Antonio Serratore, illustra meglio le operazioni interne della cosca. Serratore è descritto come il tramite per gli appuntamenti e le comunicazioni tra D’Onofrio e gli altri membri del crimine, creando un sistema di eventi clandestini e incontri riservati. Questa relazione gerarchica è fondamentale per comprendere come la ‘ndrangheta riesca a mantenere il controllo su un territorio articolato come quello piemontese.
Pasquino nota anche come, nonostante le pressioni e i conflitti tra le famiglie criminali calabresi, il rispetto per D’Onofrio è sempre presente. Le dinamiche interne sono fortemente influenzate dal carisma e dalla storia di D’Onofrio, che riesce a tessere un intricato arazzo di alleanze e rivalità, rendendo la gestione della criminalità organizzata in Piemonte un compito tanto complesso quanto efficace.
Le rivelazioni di Pasquino, corroborate da inchieste in corso, pongono l’attenzione su una rete estesa di criminalità che continua a perpetrarsi nel silenzio, lasciando spazio a ulteriori sviluppi e indagini sul potere della ‘ndrangheta in Piemonte. Nello stesso tempo, il crescente movimento di pentimenti e collaborazioni con la giustizia potrebbe iniziare a dare una forma di speranza alla società civile e alle istituzioni nella lotta contro questo fenomeno.