L’inchiesta riguardante la creazione di falsi titoli di studio ha messo in luce le frizioni tra alcune famiglie criminali operanti in Calabria e Puglia. La disputa tra i gruppi Vania, Catalano e Modaffari ha portato alla scoperta di un sistema fraudolento che minaccia la credibilità di molte istituzioni educative. Questo articolo analizza le origini del fenomeno e le sue implicazioni legali.
La genesi della disputa
L’inchiesta sui falsi titoli di studio, originata a Trani, Puglia, trova le sue radici in complessi rapporti di collaborazione tra tre famiglie di origine calabrese: Vania, Catalano e Modaffari. Secondo quanto riportato dagli organi giudiziari, i litigi tra i membri di questi gruppi hanno preso piede a causa di dissidi economici e operazioni non trasparenti. Il primo conflitto registrato tra le parti ha coinvolto Lucia Catalano, arrestata durante un blitz della Guardia di Finanza, e un membro della famiglia Vania. Quest’ultimo ha portato alla decisione di liquidare la società “CS Vania S.r.l.s.“, un processo che aveva avuto inizio prima che le indagini prendessero avvio e la cui conclusione è rimasta bloccata a causa di disaccordi sulla distribuzione delle provvigioni derivanti da attività di formazione.
Un altro nodo da chiarire è quello tra “CS Consulting Group Srl” e “Unimorfe Training & Service“, collegate a Maria Saveria Modaffari. Stando alle intercettazioni, è emerso che Modaffari ha inviato una fattura di 80mila euro a Lucia Catalano per 25 lauree rilasciate tra giugno e dicembre 2021, per le quali il pagamento non è mai avvenuto. Queste interazioni hanno gettato ulteriore luce su pratiche illecite all’interno del sistema formativo.
Le prove sui social media
Le attività illegali non si sono limitate alle operazioni interne tra i gruppi, ma hanno avuto anche una forte presenza online. La Polizia Giudiziaria ha incrociato informazioni relative ai post pubblicati sui social network, nei quali sono emerse denunce da parte di vittime che segnalavano la mancanza di valore legale nei titoli rilasciati dalla “CS Consulting Group Srl“. Queste comunicazioni rivelano che la società in questione si è dedicata alla produzione di diplomi e certificati di studio “falsi”, privi di valore legale, in violazione di norme fondamentali che regolano l’istruzione.
Le testimonianze delle vittime mettono in evidenza la grave disinformazione riguardante la validità dei titoli ottenuti. In particolare, i corsisti hanno ricevuto avvisi ufficiali che dichiaravano come gli esami sostenuti non fossero registrati e, di conseguenza, privi di validità. Alcuni post da parte di Modaffari sottolineano la confusione e l’indignazione tra coloro che si sono fidati del sistema e ora si trovano con titoli di studio privi di valore. Le chat pubbliche e i comunicati di stampa sono diventati un terreno fertile per raccogliere evidenze che dimostrano la cattiva gestione e il tentativo di ingannare i corsisti.
Una strategia di screditamento
Le intercettazioni delle comunicazioni telefoniche hanno rivelato un ulteriore aspetto inquietante dell’inchiesta. È emerso che Maria Saveria Modaffari avrebbe cercato di sabotare i suoi stessi soci, rivolgendo accuse infamanti nei loro confronti. In una conversazione, la Modaffari ha espresso il suo stupore per la fuga di informazioni e le ha attribuito colpe ai membri delle altre famiglie coinvolte. L’intenzione apparente era quella di screditare i Catalano e Cianci, discostandosi dalle proprie responsabilità e allontanando la sua figura da quella inqualificabile del sistema truffaldino.
L’azione di Modaffari si è estesa anche a livello istituzionale, coinvolgendo l’Ambasciata italiana in Albania e il Ministero dell’Istruzione albanese. Tali manovre hanno dimostrato come le rivalità interne possano giungere a compromettere anche i rapporti diplomatici, di fronte all’evidente necessità di preservare un’operazione considerata fraudolenta.
Coinvolgimento di attività tipografiche
Un ulteriore elemento dell’indagine riguarda il coinvolgimento di un’azienda tipografica che ha collaborato con le società in questione. Il proprietario ha confermato di aver emesso numerosi diplomi e documenti, in particolare per “CS Consulting Group Srl” e una società albanese chiamata Wisdom, sempre riconducibili a Lucia Catalano. Le relazioni commerciali di questa tipografia rivelano come il business dei titoli falsi fosse associato a una rete più ampia di collaborazioni illecite, grazie alla quale sono stati prodotti e distribuiti diplomati e titoli di studio assumendo un aspetto legittimo e accettabile.
Le evidenze raccolte mostrano come i gruppi criminali abbiano orchestrato una vera e propria rete di collaborazione per perpetuare il sistema di titoli illegittimi. La campagna criminosa, quindi, non è solo il risultato di ambizioni personali, ma riflette un contesto in cui il denaro e la reputazione giocano un ruolo centrale, a scapito di centinaia di studenti ignari. I dettagli che verranno svelati nelle indagini potrebbero dimostrarsi determinanti per svelare ulteriormente la complessità di situazioni come queste, esponendo i meccanismi che si celano dietro finte lauree e diplomi privi di valore legale.